CONVENTION DELLE UTIC

Giulia Russo

La Convention delle UTIC è stata la sede e l’occasione nella quale i Colleghi Intensivisti hanno potuto confrontarsi su come le terapie intensive stiano vivendo all’interno di una organizzazione ospedaliera intesa per intensità di cure. Nella relazione del Dott. Visconti si è ripercorsa la storia e l’evoluzione della Unità Intensiva attraverso i Registri Italiani che nel tempo hanno fotografato i cambiamenti delle stesse a partire dal 2001, dal Blitz 1, fino ai giorni d’oggi con l’Eyeshot. Come sottolineato dal Dott. Tubaro, vi sono alcune complessità legate al trasporto del paziente che arriva da un ospedale spoke, alla gestione di patologie non solo coronariche, come lo shock cardiogeno e lo storm aritmico, alla gestione dei pazienti trattati con TAVI, sia prima della procedura, cui il paziente spesso arriva in condizioni critiche, sia dopo la stessa, alla gestione dei pazienti con patologia non cardiovascolare, come l’insufficienza renale acuta, le infezioni, la ventilazione e molte altre ancora fino alle cure palliative.

Una delle domande più importanti fatte nel corso della convention è stata come poter superare tutta questa complessità ed è emerso come sia necessaria la figura dell’Intensivista creando un adeguato percorso di “skillness”. Nella relazione del Dott. Borgo si è ulteriormente sottolineato come, sebbene le UTIC siano oramai multifunzionali così come gli specialisti che vi lavorano, dall’infettivologo al nefrologo, al radiologo a tutte le molteplici specialità che vengono chiamate in causa, è pur vero che necessitano di alcune peculiari competenze che le rendono non assimilabili alle Terapie Intensive Mediche, si pensi alla competenza cardiologica in tema di shock avanzato, di utilizzo di VAD, di aritmie.

L’Infermiera Gilardi ha ricordato il ruolo e le competenze dell’Infermiere: la componente infermieristica all’interno delle terapie intensive è cresciuta negli anni, acquisendo competenze di alto livello, talora in autonomia, talvolta affiancando il Medico. Il Dott. Ottani ha di seguito trattato la gestione del paziente che arriva in terapia intensiva dopo un arresto extra ospedaliero affrontando in particolare il problema degli snodi decisionali che ancora oggi, nonostante gli studi e le linee guida, non sono sempre facilmente risolvibili: ipotermia sì o no? Se sì precoce o intraospedaliera? Angioplastica sempre anche in assenza di un ECG che documenti uno STEMI? Si è poi parlato di post arresto cardiaco sottolineato come in quel setting il lavoro dell’Intensivista non solo non sia finito, ma verosimilmente appena iniziato e come in questa situazione così critica l’approccio multidisciplinare (cardiologo, radiologo, anestesita) sia mandatorio.

Infine la Dott.ssa Cacciavillani ha parlato di utilizzo di device nel paziente in shock: non bisogna solo identificare il paziente giusto, ma anche il momento giusto ed il device giusto ricordandosi che più il paziente necessita di più amine, più alta è la sua mortalità. Nelle linee guida il contropulsatore aortico, impiegato per anni, è stato “bandito” e non raccomandato. Il take home message della relazione è stato quello di assistere i pazienti con cardiopatia note di grado avanzato con dispositivi di lunga durata prima che sviluppino quadri di shock cardiogeno.