EMBOLIA POLMONARE: NUOVI APPROCCI TERAPEUTICI

Emilia Biscottini

Una lunga ed articolata sessione è dedicata oggi sabato 31 maggio al tema dell’embolia polmonare, con uno sguardo a nuovi approcci terapeutici sia farmacologici che non. Fondamentale è il confronto che verrà a crearsi tra le diverse figure professionali: cardiologi, internisti ed interventisti che si trovano ad affrontare nelle sue varie fasi una malattia che è in realtà un continuum di malattie: dalla trombosi venosa, all’embolia polmonare e talvolta alla malattia tromboembolica cronica polmonare.
Ancora molto c’è da capire sui meccanismi che sono alla base del tromboembolismo venoso e sui suoi fattori determinanti genetici e non, ma in termini di profilassi e trattamento buone prospettive sono offerte dai nuovi farmaci anticoagulanti orali, grazie ai quali sarà possibile un “single drug approach” in grado di evitare l’utilizzo di eparine da embricare con il “vecchio” inibitore della vitamina K.
Una volta che l’embolia polmonare è stata diagnosticata dobbiamo sapere come stratificare il rischio del nostro paziente ed astenerci dall’utilizzo della fibrinolisi solo per paura che non sia accettabile. Alla luce dei risultati del recente Studio PEITHO sull’embolia polmonare sub-massiva, nuovi studi dovranno dirci se è ipotizzabile o meno allargare le indicazioni del trattamento trombolitico, che va comunque considerato un approccio salvavita nel paziente con instabilità emodinamica. Di volta in volta saremo chiamati a valutare il caso specifico bilanciando rischi e benefici per il nostro paziente e mettendo a frutto i mezzi a nostra disposizione: oltre alla clinica, l’ecocardiogramma ci guiderà nello studio della funzione ventricolare destra e speriamo nell’avvento di nuovi biomarker sempre più specifici che possano aiutare nell’iter decisionale già in fase acuta.
Lo sviluppo successivo della malattia dipende dal danno subito dall’albero arterioso polmonare, dalla sua estensione e dalle eventuali recidive che possono generare ipertensione polmonare cronica e quindi cuore polmonare.
La seconda parte della sessione sarà dedicata infatti agli approcci percutanei e chirurgici della malattia embolica polmonare, nel caso di fallimento o controindicazione alla fibrinolisi oltre che alle nuove possibilità terapeutiche per i pazienti con diagnosi di ipertensione polmonare post-embolica.
Dalla prevenzione primaria a quella delle recidive: dobbiamo farci trovare pronti per modificare la storia della malattia grazie all’introduzione di nuovi strumenti terapeutici che possiamo imparare a gestire solo confrontandoci e unendo le nostre esperienze.
La sessione si preannuncia ricca di spunti interessanti!

 


 

 

LE LINEE GUIDA ESC: UN UTILE STRUMENTO PER IL MEDICO

di Riccardo Barucci

Le linee guida della Società Europea di Cardiologia costituiscono da sempre un utile punto di riferimento per la pratica clinica. Esse sono indirizzate sia a cardiologi specialisti, sia a chi ha rapporti con pazienti cardiologici pur non essendo dedito full time a questa disciplina (medici di medicina d’urgenza, internisti, neurologi ecc.) Le nuove linee guida sulla cardiopatia ischemica cronica hanno apportato notevoli modifiche rispetto alle precedenti pubblicate nel 2006. Nel processo diagnostico è stata infatti posta maggior enfasi sul calcolo della probabilità pre-test che si basa essenzialmente su dati clinici e che poi condiziona tutto il successivo iter. Fondamentali risultano inoltre essere le informazioni ottenibili dall’ecocardiogramma, in particolare la valutazione della funzione ventricolare sinistra. Per quanto riguarda la terapia farmacologica sono stati introdotti nuovi farmaci come l’ivabradina e la ranolazina e nicorandil. Sono state inoltre aggiornate le raccomandazioni riguardanti la rivascolarizzazione miocardica e chirurgica alla luce della comparsa di nuove tecnologie e stent di ultima generazione.
Un elemento di novità delle linee guida sul Pacing riguarda la terapia di resincronizzazione cardiaca (CRT) con l’estensione delle raccomandazioni allo scompenso cardiaco di grado lieve (classe NYHA 2). Inoltre la “forza” delle indicazioni alla CRT si è prevalentemente concentrata sulla presenza o assenza del blocco di branca sinistra. Gli effetti benefici di questa terapia sono stati maggiori nelle donne e in pazienti con QRS > 150 ms. È stata proposta una nuova classificazione della bradicardia suddivisa in persistente, intermittente e sospetta da diagnosticare e documentare con sistemi di monitoraggio come il loop recorder. Si sono inoltre aggiunte raccomandazioni su aspetti nuovi, come i pazienti sottoposti a impianto valvolare percutaneo della valvola aortica (TAVI).
Le linee guida europee sul diabete, prediabete e malattie cardiovascolari hanno ribadito l’importanza dello screening del Diabete Mellito tipo 2 nei pazienti ad alto rischio e della prevenzione mediante un corretto stile di vita. Notevole importanza è stata data inoltre alla valutazione del rischio cardiovascolare individuale e della ricerca delle complicazioni sia micro che macrovascolari della malattia.
Le linee guida sull’ipertensione del 2013 pongono l’attenzione su una serie di nuovi elementi nella gestione del paziente iperteso. Notevole importanza viene data alla valutazione del profilo pressorio fuori dell’ospedale, sia nella forma di monitoraggio ambulatoriale della pressione arteriosa delle 24 ore che di pressione domiciliare. Inoltre viene ribadita l’importanza della diagnosi precoce di danno d’organo fornendo la sistematizzazione dei dati sullo screening del danno subclinico. In questa edizione vengono inoltre riconsiderati gli obiettivi pressori da perseguire con la terapia: se qualche anno fa il paradigma “the lower the better” era universalmente accettato, recentemente è stata avanzata una rianalisi di questo postulato anche alla luce delle recenti evidenze scientifiche.

 


 

 

LE CINQUE COSE DA FARE IN CASO DI…

di Maria Grazia D’Alfonso

Sanguinamento dopo procedura interventistica… Ipotensione acuta in corsia… Delirio in UTIC… Alto rischio cardiovascolare e fibrillazione atriale…

Quattro argomenti. Otto relatori, due per argomento, medico e infermiere a confronto, cinque minuti a disposizione per dare i messaggi chiave, fondamentali, “pocket”…
Nonostante l’esiguità del tempo per l’esposizione, le discussioni e le riflessioni sollevate dall’auditorio sono state originali e di grande interesse.
La prima tranche ha visto aprirsi il confronto sul “Sanguinamento dopo procedure interventistiche”. Poche ma semplici accortezze: in sala di emodinamica il dott. Lupi ci ricorda di scegliere adeguatamente il sito d’accesso, tenendo presente il pressoché totale azzeramento del numero delle complicanze grazie all’accesso radiale. Altra scelta oculata deve riguardare i farmaci, anticoagulanti in particolare, e i device di chiusura dell’accesso femorale. Chiaro e puntuale l’intervento dell’infermiera Manieri, che ha focalizzato l’attenzione sul precoce riconoscimento del sanguinamento e sulla precoce applicazione di una serie di provvedimenti, semplici ed efficaci: compressione manuale, decubito in Trendelemburg, monitoraggio continuo dei parametri vitali, bendaggio, valutazione dell’assetto emocoagulativo.
La seconda sessione ha considerato come argomento “L’ipotensione acuta in corsia”. Il dott. La Rosa e l’infermiera Giuditta Gianì hanno evidenziato come la stratificazione prognostica e la valutazione fisiopatologica dell’ipotensione sia di fondamentale importanza nell’approccio terapeutico del paziente ipoteso. In questo contesto si è inserito l’intervento del Prof. Gensini, che ha sottolineato come nello scenario clinico attuale non si possa prescindere dalla precocità dell’intervento medico, e in questo senso di estrema utilità sono gli score di allerta, come il NEWS, la cui costante e saggia applicazione porterebbe non pochi benefici!
A seguire tutto quello che c’è da sapere e da fare in caso di delirium in UTIC. Dalle relazioni della dott.ssa Valente e della infermiera Mancini sono emersi molteplici spunti di riflessione: innanzitutto la diagnosi del delirium è sottostimata, perché molto spesso riconosciamo solo uno dei tipi di delirio, quello iperattivo, che rappresenta meno del 2%, misconoscendo il fenotipo ipoattivo, maggiormente frequente. Per tale ragione, come dimostrato dalla dott.ssa Valente è di particolare ausilio l’utilizzo di scale di valutazione come la CAM-ICU e la RASS.
Di rilevante immediatezza i take home message sulla prevenzione che coincide con il trattamento non medico e sulla terapia farmacologica, con significativo accenno al Dexdor, farmaco nuovo e dai vantaggi notevoli.
In chiusura il dott. Riccardi e l’infermiere Pasquinelli si sono confrontati sulle scelte terapeutiche in caso di fibrillazione atriale e alto rischio cardiovascolare. È stato interessante notare come ancora una volta il Congresso ANMCO offra un’occasione reale per esprimere e confrontarsi sulle considerazioni pratiche, quelle che giornalmente ci troviamo ad affrontare nella valutazione del rischio trombotico/emorragico e quindi sull’introduzione di una TAO/NAO. E ancora sul ruolo, spesso sottostimato, che l’infermiere ha nella gestione della TAO e nell’educazione del paziente che inizia ad assumere l’anticoagulante.
Un format vincente quello di questa sessione “Le cinque cose da fare in caso di…”
Messaggi chiari, semplici ma soprattutto pratici, provenienti da due figure professionali che giornalmente si scontrano e confrontano nella cura del malato.