La Carenza Marziale nei soggetti con Scompenso Cardiaco

Danilo Puccio
Lo stato dell’arte su identificazione e trattamento del deficit marziale nei pazienti con scompenso cardiaco.

Nella gestione clinica e nel trattamento dei pazienti con scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta (HFrEF), occorre che il cardiologo consideri sempre più anche un nuovo target terapeutico: la carenza marziale, forse ancora poco conosciuta in questo ambito e spesso, ricercata soltanto in presenza di concomitante anemia.

Per deficit di ferro si definisce una concentrazione di ferritina <100 μg/l (carenza assoluta) oppure compresa tra 100-300 μg/l, in presenza di una saturazione della transferrina <20% (carenza funzionale).
La prevalenza del deficit di ferro, all’interno della popolazione con HFrEF, si stima sia compresa tra il 30% e il 50%, associandosi maggiormente al sesso femminile, al ridotto peso corporeo, all’anemia, alla classe NYHA elevata ed a alti livelli di BNP.

Il rapporto tra scompenso cardiaco e carenza marziale risulta molto stretto ed articolato. Lo scompenso infatti, di per sé può determinare una carenza di ferro attraverso l’attivazione del sistema renina‐angiotensina‐aldosterone e di uno stato pro-infiammatorio cronico, la congestione splancnica e anche indirettamente, attraverso alcune interazioni e/o interferenze farmacologiche. D’altra parte, tale cardiopatia si associa spesso con altre comorbilità come il diabete mellito, l’insufficienza renale, l’anemia, le neoplasie, le malattie infiammatorie croniche, la malnutrizione, tutte anch’esse strettamente correlate con lo sviluppo di una carenza marziale.

Il razionale dell’importanza della correzione del deficit marziale può facilmente intuirsi ricordando le funzioni principali che il ferro svolge nel nostro organismo: esso ha infatti, un ruolo prioritario nel trasporto dell’ossigeno quale componente dell’emoglobina, un ruolo di riserva di ossigeno quale componente della mioglobina e un fondamentale ruolo nella formazione di energia, quale costituente di enzimi della catena respiratoria mitocondriale. Una sua carenza pertanto, può comportare non solo anemia, alterazioni della performance cognitiva, del comportamento, delle emozioni, ma anche riduzione della capacità di esercizio e alterazioni strutturali e funzionali a livello miocardico.

Dopo gli insuccessi degli studi iniziali, focalizzati alla correzione della sola anemia (RED-HF ad es.), l’attenzione dei ricercatori si è rivolta alla correzione del deficit marziale; tuttavia, come evidenziato dallo studio IRONOUT, non vi è alcun beneficio clinico dalla somministrazione di ferro orale. Al contrario, esistono tre studi clinici (il FAIR-HF, il CONFIRM-HF e l’ancor più recente EFFECT-HF) che dimostrano come la supplementazione endovenosa, con ferro carbossimaltosio, sia in grado di migliorare oltre l’anemia, anche la classe NYHA, la qualità di vita e la capacità di esercizio dei pazienti con HFrEF, riducendo anche il numero delle ospedalizzazioni per scompenso e pur mantenendo sempre un buon profilo di sicurezza. Proprio grazie a tali studi, le linee guida europee sullo scompenso cardiaco del 2016 hanno inserito di diritto il ferro carbossimaltosio, quale terapia della carenza marziale nell’HFrEF, riservandogli una classe di raccomandazione IIa.

Attualmente mancano ancora studi randomizzati e ben dimensionati focalizzati su end-point più hard (c’è soltanto una metanalisi dove il dato favorevole sulla mortalità appare fortemente trainato dalla riduzione delle ospedalizzazioni), tuttavia c’è molto fervore scientifico sull’argomento, numerosi sono i progetti di studio e gli studi on going, sia sull’HFrEF, che anche sul ruolo della supplementazione marziale nel paziente con scompenso cardiaco a frazione di eiezione preservata e con scompenso cardiaco acuto.

Danilo Puccio