L’ICD nella prevenzione primaria della morte improvvisa

Christos Katsanos

Il dilemma in cui ci troviamo di fronte ad un paziente candidato all’impianto di un defibrillatore è un problema complesso e di non facile soluzione. Quando poi ci troviamo nella bilancia da una parte la prevenzione primaria della morte improvvisa e dall’altra parte pazienti sempre più complessi e difficili il dilemma diventa davvero pesante. Siamo davvero capaci di riconoscere chi è a rischio di morte improvvisa? Chi avrà davvero bisogno di un ICD? Ma poi le linee giuda per una determinante patologia sulle quali ci dobbiamo basare sono in grado di comprendere un paziente con multiple patologie e comorbilità? Le incertezze sfiorano problemi etici e il paziente anziano diventa l’emblema vero. L’aumento rapido dell’età media della popolazione comporta che un numero sempre maggiore di pazienti siano anziani dove la nostra capacità di valutazione deve migliorare. Questa non deve basarsi solamente su un’età anagrafica, concetto ormai superato, ma su una valutazione della fragilità e della robustezza, magari con l’aiuto di score appropriati, che tutti noi dobbiamo imparare ad utilizzare. Considerando poi che il beneficio della terapia con ICD da una parte richiede tempo (le curve divergono dopo un anno di trattamento) ma dall’altra parte è strettamente legato alla presenza di comorbilità. L’abitudine tabagica, BPCO, il diabete, l’arteriopatia obliterante degli arti inferiori, la fibrillazione atriale, la presenza di cardiopatia ischemica ma soprattutto l’insufficienza renale riducono il beneficio dell’ICD fino ad annullarlo e per questo la nostra valutazione deve andare oltre la semplice frazione d’eiezione e la classe NYHA. Ma la qualità della vita del portatore di defibrillatore sarà sempre una battaglia tra l’incertezza, le ansie e i sentimenti di rassicurazione ed un corretto management psicologico è doveroso. I problemi etici diventano ancora più grandi, però di fronte alla necessità di rivalutazione nel momento della sostituzione del generatore o in fine vita. Una corretta rivalutazione è doverosa per poter rivedere le indicazioni, eseguire un downgrade o addirittura non sostituire il dispositivo e chiaramente tutte le scelte e le possibilità vanno discusse con il paziente, a partire dal consenso informato, valutando le disposizioni anticipate per il fine vita fino a considerare il trattamento palliativo (e lo spegnimento delle terapie) non un trattamento dell’ultimo minuto.