LINEE GUIDA ESC 2019 UN ANNO DOPO

Giovanna Di Giannuario
Il Mini-simposio sulle linee guida ESC 2019 è stato uno degli eventi che hanno rafforzato l’obiettivo di internazionalizzazione del 51° congresso nazionale ANMCO attraverso la discussione ragionata a distanza di un anno dei documenti europei.

Eminenti esponenti della cardiologia italiana moderati dal Dottor Stefano Urbinati presidente FIC, hanno discusso i punti chiave a distanza di un anno dalla pubblicazione delle nuove linee guida ESC (2019).

Ha iniziato il mini corso il Dottor S. Ghio introducendo le nuove linee guida sull’embolia polmonare acuta, focalizzando le raccomandazioni fondamentali e le differenze con le linee guida precedenti. Gli algoritmi diagnostici con il ruolo centrale dell’angio-TAC polmonare sono rimasti invariati negli ultimi 10 anni, ma nelle nuove linee guida vi sono delle modifiche sull’utilizzo del cut off del D-dimero e sui criteri clinici, infatti la stratificazione del rischio è basata sulla presenza o meno di ipotensione/shock e sull’uso degli score PESI e PESI modificato (sPESI) che associano al rischio l’imaging ecocardiografico e la troponina hs. È stata sottolineata la novità della possibile dimissione del paziente con embolia polmonare a rischio basso dopo aver iniziato la terapia precoce anticoagulante con i nuovi farmaci NAO (nuovi anticoagulanti orali) che in tali pazienti hanno una indicazione di Classe IA.

Nei pazienti a medio ed alto rischio, invece, rimane ancora un punto interrogativo sull’utilizzo dei nuovi anticoagulanti orali (NAO) e nei pazienti con elevata instabilità clinica viene raccomandato l’utilizzo, ove disponibile, delle tecniche di trombectomia percutanea o chirurgica. La durata della terapia con anticoagulanti dipende dal rischio di recidiva, sicuramente va fatta per almeno tre mesi con NAO, ma anche nei pazienti con rischio basso può essere proseguita per tempo indeterminato.

Il Dottor S. Ghio ha poi accennato ai pazienti che hanno avuto infezione da Covid 19 con embolia polmonare nei quali andrà valutato a lungo termine la possibilità di sviluppare ipertensione polmonare cronica, e quale sarà la strategia terapeutica anticoagulante migliore a lungo termine.

La Dottoressa Serena Raga ha introdotto le linee guida sulla cardiopatia ischemica cronica, che come ha sottolineato il Dottor Urbinati sono delle linee guida molto dibattute e controverse soprattutto alla luce della pubblicazione del recente Trial ISCHEMIA. Nelle nuove linee guida del 2019 vi è una nuova terminologia che parla di “SINDROME” coronarica cronica e non più di malattia. Nel registro CLARIFY si è visto che nei 5 anni di follow up 1 paziente su 8 con coronaropatia va incontro ad eventi cardiovascolari, quindi la malattia coronarica cronica è frequentemente intervallata da riacutizzazioni che possono essere rallentate dal controllo dei fattori di rischio e da un’appropriata terapia medica e di rivascolarizzazione.

La seconda novità è rappresentata dall’approccio diagnostico a Step, che nelle tecniche di imaging non invasivo vede declassare il test da sforzo (bassa sensibilità) e assumere un ruolo più centrale la coro TAC. Anche nella terapia medica vi sono delle novità, è stato proposto un algoritmo a Step che ha scatenato molte perplessità, con una necessità di revisione dalla prima presentazione alla pubblicazione.

Le ultime novità riguardano le indicazioni alla rivascolarizzazione divise per prognosi e per sintomi senza considerare che a volte le complicanze derivano dalle terapie post-procedurali. Purtroppo, le linee guide non hanno tenuto conto dello studio ISCHEMIA che ha dimostrato che non vi è differenza significativa in presenza di ischemia tra terapia medica versus rivascolarizzazione che presenta maggiori infarti peri-procedurali.
Alla luce dei nuovi Trial queste linee guida necessitano già di un update sulla diagnosi, sulla terapia e sull’indicazione alla rivascolarizzazione.

Il Dottor Marcello Arca ha discusso le linee guida sulla dislipidemia, sottolineando come hanno modificato la visione dell’ipercolesterolemia che da fattore di rischio è diventata fattore eziologico. Sono state sottolineate le novità delle linee guida essenzialmente due: 1) la revisione degli obiettivi con abbassamento del livello target per i pazienti a rischio elevato i livelli di colesterolo LDL; 2) La novità di un algoritmo terapeutico a STEP che raccomanda di iniziare con statine ad elevata potenza (rosuvastatina, atorvastatina) e di aggiungere ezetimibe potenziando la terapia fino all’uso degli inibitori PCSK9.

I dati dei Registri del mondo reale sia italiani che svedesi dimostrano che siamo ancora lontani dai nuovi obiettivi fissati nelle linee guida del 2019.
Nello START registry condotto in Italia De luca et al (Int J Cardiol 2020) su circa 4900 pazienti, solo il 58% dei pazienti in trattamento è vicino al precedente target <70 mg/dl, e solo il 3,2% si avvicina al nuovo target <55 mg/dl. Nello SWEEDEN HEART, registro condotto in Svezia su più di 25 000 pazienti l’87% dei pazienti riceveva statine ad alta potenza, ma l’82% dei pazienti in trattamento era elegibile ad un potenziamento della terapia. Emerge dai dati dei registri che circa il 50% dei pazienti che vengono potenziati con ezetimibe non raggiungono l’obiettivo dei livelli consigliati e dovrebbero assumere inibitori di PCSK9. Nella discussione finale tra il Dottor Urbinati e il Dottor Arca oltre a sottolineare il nuovo obiettivo del livello target di colesterolo LDL <55 mg/dl, è stato evidenziato come dai registri del mondo reale tale obiettivo sia ancora molto lontano (3,2% dei pz in trattamento) e che i pazienti, soprattutto quelli ad alto rischio, necessitano di essere seguiti nel tempo dopo la prima prescrizione anche per eventuali potenziamenti a STEP. Inoltre, nella realtà italiana è necessario un rapido adeguamento delle normative regolatorie in particolare la nota 13, che ancora non contempla i nuovi riferimenti dei livelli di colesterolo LDL.

Il Dottor E. Gronda ha analizzato le linee guida ESC 2019 del Diabete, sottolineando che le nuove linee guida hanno adottato nelle strategie terapeutiche del paziente ischemico, le stesse indicazioni per la rivascolarizzazione percutanea e/o chirurgica delle linee guida ESC/EACTS 2018 senza affrontare il discorso di confronto tra strategia terapeutica di rivascolarizzazione e terapia medica, nonostante gli studi COURAGE e BARI 2D non abbiano dimostrato la superiorità della rivascolarizzazione verso la terapia medica.
Anche nel trial ISCHEMIA si sono avuti dei risultati controversi; dai risultati è emerso che nel gruppo di pazienti candidati a rivascolarizzazione c’è stata una maggior incidenza di rivascolarizzazioni ripetute di infarto peri-procedurale, mentre nel gruppo trattato con terapia medica si sono verificate più recidive di ischemia e di insufficienza cardiaca, nonostante la mortalità totale media dello studio fosse bassa 5,6% a fronte di una presenza di pazienti diabetici del 50% della popolazione totale dello studio.

Le linee guida sulla gestione clinica delle tachicardie parossistiche sopraventricolari (TPSV) sono state illustrate dal Dottor Giannola che ha sottolineato come le precedenti linee guida risalgono al 2003 e le nuove del 2019 hanno presentato dei cambiamenti notevoli delle indicazioni terapeutiche con riduzione delle indicazioni a terapia medica (molti farmaci hanno peggiorato la classe di indicazione) ed un incremento della classe di indicazione alla ablazione (terapia di scelta classe I).

Tra le novità vi è stato il cambio delle indicazioni di verapamil e procainamide e amiodarone che nelle aritmie sopraventricolari sono passati da classe I a IIa, è comparsa inoltre l’indicazione alla ivrabradina per la terapia della tachicardia sinusale inappropriata. Nuova anche l’indicazione a cardiovertire il flutter atriale con l’Ibutilide od overdrive nei pazienti portatori dispositivi impiantabili (indicazione di I classe).

Sono presenti inoltre nuovi algoritmi diagnostici delle forme di tachicardie sopraventricolari. Alcune indicazioni importanti sono state inserite per le donne in gravidanza quali: l’indicazione ad eseguire l’ablazione prima della gravidanza, l’utilizzo di manovre vagali o adenosina per sbloccare le TPSV, dopo il primo trimestre si possono usare betabloccanti beta 1 selettivi, l’importanza di evitare farmaci antiaritmici nei primi 3 mesi di gravidanza, e la possibilità con i nuovi sistemi di mappaggio di eseguire un’ablazione in gravidanza senza i rischi di esposizione a radiazioni ionizzanti.

Giovanna Di Giannuario