L’infarto miocardico perioperatorio dopo chirurgia non cardiaca

Gemma Filice
La consulenza cardiologica preoperatoria in chirurgia non cardiaca nel mondo reale tra conferme cliniche e linee guida

L’infarto è una complicanza cardiovascolare prognosticamente rilevante della chirurgia non cardiaca. La tematica della consulenza cardiologica preoperatoria in chirurgia non cardiaca è molto attuale per le implicazioni di carattere medico-legale e rimane estremamente complessa da affrontare.

Il Dott. Amico ha presentato i dati relativi all’epidemiologia e alla fisiopatologia.

Ogni anno circa il 4% della popolazione mondiale viene sottoposta a una procedura chirurgica, circa il 30% di questa popolazione viene sottoposto a chirurgia maggiore e ha almeno un fattore di rischio cardiovascolare. In soggetti di età superiore a 65 anni, o superiore a 45 anni in presenza di malattia cardiovascolare nota, il danno cardiaco nel corso di un intervento chirurgico è molto probabile. Sia i livelli pressori osservati durante l’intervento che altre condizioni determinanti instabilizzazione delle lesioni vascolari correlano con il danno miocardico perioperatorio.

A seguire il Dott. Scorcu ha affrontato il tema dei predittori di rischio e della prognosi.

La maggior parte degli infarti si verificano entro 48 ore dall’intervento chirurgico e possono decorrere in modo asintomatico a causa della terapia antalgica. Il tipo di intervento è un importante predittore di rischio a prescindere dalla presenza di comorbilità. Le Linee Guida ESC includono tra i predittori di rischio anche capacità funzionale, Score di Lee e Gupta score. In particolare lo score di Lee deve essere integrato con fattori quali età e capacità funzionale.

È stata quindi discussa ampiamente la differenza tra danno miocardico e infarto miocardico acuto, entità distinte ma entrambe prognosticamente rilevanti in quanto associate ad eventi cardiovascolari. Il danno miocardico è associato ad un aumento della mortalità a breve e lungo termine indipendentemente dalla presenza dei criteri necessari per la diagnosi di infarto miocardico acuto. È quindi evidente che è importante richiedere il monitoraggio della Troponina in particolari categorie di pazienti al fine di evitare una mancata diagnosi di danno miocardico.

La prevenzione, la presentazione clinica e il trattamento dell’infarto miocardico perioperatorio dopo chirurgia non cardiaca sono stati trattati dal Dott. Urbinati che ha dato risposta ai dubbi che più di frequente si affacciano al cardiologo clinico. Gli aggiornamenti contenuti nelle Linee Guida della Società Canadese di Cardiologia pubblicate nel 2017 sono di supporto nell’affrontare queste tematiche. Il cardine è l’identificazione del paziente ad alto rischio che necessita di un monitoraggio clinico, enzimatico ed elettrocardiografico. Una novità interessante è l’utilizzo del BNP nella stratificazione del rischio. Sono stati inoltre discussi sia il mantenimento della terapia domiciliare del paziente che l’eventuale introduzione di una terapia al fine di ridurre il rischio di infarto perioperatorio che al momento non appare indicata ad eccezione delle statine. È stato inoltre sottolineato il beneficio derivante dal mantenimento del trattamento con statine e ASA nel perioperatorio. In caso di infarto o di danno miocardico perioperatorio è invece necessario ricorrere alla terapia standard, sono stati pubblicati dati incoraggianti anche sulla terapia anticoagulante con Dabigatran.