Mini-Simposio: primi bilanci di 5 anni di DOAC

Danilo Puccio

Sono oramai trascorsi quasi 9 anni dalla pubblicazione del primo trial registrativo sui farmaci anticoagulanti orali diretti (DOACs) e da allora innumerevoli pubblicazioni di trial, registri, dati di real world ne hanno sancito l’efficacia, la maneggevolezza e la sicurezza in vari setting clinici. Dopo 5 anni dalla loro approvazione e commercializzazione nel nostro Paese è tempo di bilanci. Premesso che la cost-effectiveness dei DOACs è stata ampiamente dimostrata per tutte e 4 le molecole ad oggi disponibili, in una singolare analisi cost – effective, definita dallo stesso relatore “costo – efficacia 2.0”, è stato spiegato che ciò che serve per convincere altrettanto della loro costo – efficacia l’Ente Regolatore sono dati solidi relativi agli outcome dei pazienti nei quali si sia passati dai vecchi ai nuovi anticoagulanti. Un rapporto costo – efficacia è strettamente dipendente da una accurata appropriatezza prescrittiva, per ottenere la quale bisogna ridurre il più possibile il gap tra raccomandazioni terapeutiche delle linee guida e pratica clinica. Già dal primo anno di terapia un ingente risparmio di risorse economiche per il sistema sanitario è dovuto al ridursi del numero degli eventi cardioembolici, delle ospedalizzazioni e delle spese associate all’invalidità residua. Il risparmio è tale da compensare completamente l’incremento della spesa farmaceutica legata al maggior costo della terapia con un DOAC. E’ stato poi affrontato uno dei problemi più spinosi ed antichi in tema di terapia anticoagulante che accomuna DOACs e VKAs, quello relativo all’undertreatment. Nel nostro Paese esiste ad oggi un evidente sottoutilizzo dei DOACs in generale, i dati ci mostrano infatti come soltanto dal 2016 le prescrizioni del warfarin abbiano cominciato a ridursi, ma il sorpasso dei DOACs è ancora lontano. Un alto HAS-BLED non deve essere interpretato come limite alla prescrizione, al contrario deve essere motivo per correggere i fattori modificabili e per selezionare i pazienti meritevoli di un più stretto monitoraggio. Bisogna considerare anche l’undertreatment legato alla bassa aderenza alla terapia che si traduce inevitabilmente in una significativa riduzione della efficacia. Altra sfaccettatura dello stesso problema è l’estensivo, e troppo spesso ingiustificato, ricorso al basso dosaggio dei DOACs, decisione correlata il più delle volte ad una sovrastima del rischio emorragico. Analogamente una condizione di undertreatment si osserva anche in corso di terapia con VKA con TTR persistentemente inadeguato per valori sotto il range terapeutico. Per decenni la gestione e la sorveglianza della terapia anticoagulante orale è stata efficacemente condotta dai noti “centri TAO” sparsi per tutto il territorio nazionale. Con l’avvento dei DOACs il timore iniziale che la significativa semplificazione della terapia legata al loro utilizzo si traducesse in una non più necessaria sorveglianza di questi pazienti, è stato del tutto smentito perché molto presto si è compresa l’importanza di continuare a monitorare i pazienti in trattamento, fornire loro le adeguate misure assistenziali, le opportune indicazioni in caso di procedure chirurgiche/invasive o in caso di complicanze emorragiche.