MINIMASTER: la terapia antitrombotica nel paziente con SCA

Daniele Grosseto
Dal pretrattamento alla triplice terapia. Come affrontare gli snodi decisionali più complessi della terapia antitrombotica.

È sicuramente il minimaster più interessante non solo perché risponde ad una delle tematiche più aderenti alla pratica clinica quotidiana, ma soprattutto perché la disponibilità di nuovi farmaci anti trombotici necessità di un punto della situazione chiaro.
È stato calcolato che se si considerano tutte le possibili combinazioni tra farmaci antiaggreganti e anticoagulanti, il cardiologo ha a disposizione un armamentario enorme di opzioni farmacologiche con cui trattare il paziente in corso di SCA.
Ma se questa enorme opportunità da un lato ha un indubbio valore per le possibilità terapeutiche che offre, dall’altro ci pone ogni giorno di fronte a scelte non facili.
Siamo infatti sicuri che tutte le combinazioni di farmaci abbiano uguale valore sotto il profilo dell’efficacia e della sicurezza? E siamo sicuri che i pazienti abbiano tutti lo stesso profilo di rischio trombotico ed emorragico.
Il buon senso, prima che i trial e i registri, ci hanno dimostrato chiaramente che così non è, ma che ogni farmaco ha caratteristiche peculiari che il cardiologo deve conoscere e soprattutto che ogni paziente è diverso dall’altro e spesso dalla popolazione degli studi clinici.
E’ in questo agglomerato di dati e di evidenze, che spesso rischiano di diventare una palude per il cardiologo clinico, che il Minimaster vuole calare i suoi esperti per fare chiarezza e per lasciare messaggi univoci e applicabili alla pratica quotidiana.
E sono tanti gli aspetti controversi e i nodi decisionali in cui gli esperti si confronteranno con i colleghi presenti.
Li enumeriamo solo, perché i temi affrontati rappresentano una tale esigenza della pratica clinica che ognuno di noi ha così tanti esempi nella sua attività quotidiana, da rendere inutile ogni altra spiegazione.
Si parte con i nuovi antipiastrinici orali: sono tutti uguali? Quale scegliere? come adattarli alle caratteristiche dei miei pazienti?
E i vecchi inibitori delle glicoproteine IIb/IIIa? Che fine hanno fatto? Ha ancora un razionale il loro impego nel laboratorio di emodinamica e perché no, in Terapia Intensiva?
Ma gli antipiastrinici della prima generazione hanno ancora un ruolo o possono essere mandati definitivamente in soffitta?
Quale o quali farmaci scegliere per la terapia anticoagulante? Ma la terapia anticoagulante serve solo in sala di emodinamica o ha anche un ruolo dopo?
E in tutte questo tripudio di antiaggreganti orali, antitrobotici in vena, anticoagulanti, che posso fare prima, durante e dopo l’angioplastica, come gestisco le complicanze emorragiche che prima o poi arriveranno?? O meglio come le riduco?
Dopo questa prima fase che da sola basterebbe ad occupare un’ intera mattinata, il minimaster affronta nella seconda parte alcuni snodi metodologici che sono dei veri Hot Topics del dibattito cardiologico.
Si parte con la saga del pretrattamento: ha un razionale o possiamo demandare tutto alla decisione dell’emodinamista sul tavolo angiografico?
E poi: per quanto tempo dobbiamo proseguire la doppia terapia antiggregante? 6 mesi? 12, 18 30… sempre più dati e sempre meno certezze?
E poi: se il mio paziente con SCA, ha una fibrillazione atriale? Triplice terapia a tutti? Se si con quali farmaci e con quale sicurezza per il paziente?
Infine nel Minimaster verranno discussi i dati di due importanti registri italiani: l’EYESHOT, registro concluso che ha scattato una fotografia lucida e impietosa dell’utilizzo degli antiaggreganti nella pratica quotidiana italiana, e il VENERE II, del quale verranno comunicati alcuni dati preliminari sulla organizzazione delle reti dello STEMI.
Forse, quello della terapia antitrombotica nelle SCA è il settore in cui la ricchezza e il fiorire di sempre nuovi studi è veramente impressionante.
Ma è anche vero che applicare una siffatta mole di dati alla pratica clinica è quasi complesso come gestire la pratica clinica in assenza di dati.
In entrambe i casi ci vuole conoscenza e senso clinico, per applicare al mio paziente le evidenze o le non evidenze della ricerca clinica.
A questi e a molti altri interrogativi, questo minimaster cercherà di dare una risposta.