Update sulle sindromi coronariche acute

Sonia lo Iacono

Il trattamento standard per lo STEMI/NSTEMI non è assolutamente semplice e le linee guida ci indicano una strada che non è sempre facilmente percorribile.

Il pretrattamento nello NSTEMI ha dei dati a favore per quanto riguarda la prevenzione del reinfarto, la protezione del microcircolo e la prevenzione di trombosi di stent, ma vi sono sicuramente dei dati contro come la necessità della cardiochirurgia in caso di lesioni non critiche e nel caso di diagnosi non confermate. Il pretrattamento deve essere riservato ad i pazienti con più alto rischio trombotico (Crusade elevato).

Il trattamento delle sindromi coronariche acute NSTEMI può essere soltanto medico. Il Blitz 4 ci indica che il 23% della popolazione non viene sottoposta a coronarografia, le motivazioni sono di ordine organizzativo e clinico tra cui pesano principalmente la assente disponibilità di un servizio di emodinamica, le comorbilità e l’età avanzata. I pazienti con NSTEMI non rivascolarizzati sono generalmente sottotrattati ed è auspicabile riuscire ad ottenere l’utilizzo della duplice antiaggregazione piastrinica in una più ampia percentuale di pazienti.

Altra popolazione con particolari peculiarità è quella che necessita di una doppia terapia antiaggregante per una sindrome coronarica acuta in associazione alla terapia anticoagulante per la concomitante presenza di fibrillazione atriale. Dal 20 al 35% dei pazienti con fibrillazione atriale ha anche CAD/SCA e circa il 5-10% dei pazienti sottoposti a PCI ha o sviluppa fibrillazione atriale.

La triplice terapia, che prevede doppia antiaggregazione e anticoagulante orale, aumenta sicuramente i sanguinamenti, di contro la duplice antiaggregazione riduce i sanguinamenti senza perdere in efficacia. Dalle ultime linee guida della FA, la durata della triplice terapia dipende dal tipo di angioplastica e dal rischio emorragico.

Tema scottante è poi l’estensione della rivascolarizzazione in caso di malattia coronarica di più vasi; sicuramente va trattata la culprit lesion riservandosi, qualora la condizione clinica del paziente non migliorasse, di considerare l’opportunità di trattare vasi “apparentemente“ non colpevoli. La durata della DAPT dipende dallo stent utilizzato ma soprattutto dal rischio emorragico del paziente. In alcuni casi è contemplata la sospensione precoce in caso di sanguinamenti o in caso di necessità di intervento chirurgico.

Non vi sono al momento evidenze ciniche che la il precoce inizio della terapia ipocolesterolemizzante con statina sia efficace nel ridurre gli eventi tromboembolici ma il suo uso è sicuro. Il target di riferimento per le LDL ci impone una riduzione drastica del suo valore non soltanto con le statine ma anche con l’ezetimibe.