Sacubitril/Valsartan protagonista: una rivoluzione che non ha ancora finito di stupirci

Laura Garatti

Il Simposio sulla terapia standard of care dello scompenso cardiaco cronico che si è tenuto venerdì mattina in Sala del Pantheon ha visto al centro del dibattito quello che ormai si è affermato come protagonista sulla scena delle innovazioni terapeutiche dello scompenso cardiaco: Sacubitril/Valsartan, l’associazione vincente che è ormai entrata nella pratica comune ma che sicuramente non ha ancora finito di regalarci possibilità. Moderata dal Professor Filardi e dal Dottor Di Tano, la sessione si è caratterizzata per un approccio dinamico, a tratti provocatorio, aperto al dibattito ed al confronto. Ciò che ne è emerso, come tema centrale, è la possibilità che finalmente abbiamo, con questo farmaco, di agire sulla storia naturale dell’insufficienza cardiaca. Possiamo dunque dire che Sacubitril/Valsartan cambia il destino dei nostri malati? La risposta è sì, come ha illustrato il Professor Pasquale Perrone Filardi attraverso un’analisi, filtrata dall’esperienza clinica, dei principali trial che hanno portato ad accogliere con entusiasmo questo farmaco, che ha dimostrato effetti positivi non solo su mortalità ed ospedalizzazioni, ma anche sulla qualità di vita dei pazienti nonché rimodellamento ventricolare. Non dobbiamo dimenticare un punto fondamentale: un farmaco disease modifying è tale se gli si permette di agire nelle fasi iniziali della malattia, quando è massimizzata la possibilità di rallentarne e modificarne la progressione. Per questo motivo è stato più volte sottolineato, durante la tavola rotonda, come sia indispensabile l’avvio precoce della terapia con Sacubitril/Valsartan in malati considerati stabili, quei pazienti in classe NYHA II che siamo abituati a valutare in ambulatorio. Per questo la Dottoressa Nadia Aspromonte si è proposta come Avvocato del Sacubitril/Valsartan difendendone l’utilizzo in prima linea, anche nei pazienti naive da trattamento con ACE-inibitore. Restando sul tema della precocità del trattamento, il Dottor Michele Senni, ha posto l’attenzione sull’avvio di tale terapia già durante l’ospedalizzazione per scompenso acuto. Vi sono perplessità intorno a questa proposta, soprattutto in riferimento alla possibile ridotta tollerabilità con rischio di discontinuazione del trattamento. Gli studi TRANSITION e PIONEER-HF, tuttavia, hanno dimostrato un ottimo risultato dell’avvio precoce di Sacubitril/Valsartan con rapida riduzione dei livelli di biomarker di malattia, in presenza di percentuali di abbandono della terapia sovrapponibili a quelli del setting cronico. Ha osservato il problema da un’altra prospettiva la Dottoressa Maria Frigerio: pur dovendo agire il prima possibile, si può dire “meglio tardi che mai?”; ovvero: Sacubitril/Valsartan rappresenta un’opportunità anche nel paziente più avanzato? Possiamo essere ottimisti a riguardo, sia sulla base dei dati fornitici dagli studi, sia per l’esperienza clinica in merito. Non mancano problematiche di tollerabilità in questi pazienti più instabili, ma un utilizzo cauto con lenta titolazione della dose ed accurato monitoraggio si è dimostrato fattibile, sicuro e con risultati positivi. E allora, c’è ancora spazio per il buon vecchio ACE-inibitore? A questa domanda risponde il Dottor Claudio Rapezzi, mettendosi con ironia nei panni del cardiologo “vecchio e stanco” che guarda al cambiamento con sospetto e sfiducia. Diversi potrebbero essere i motivi che spingono ad un atteggiamento “conservativo”, ma non possiamo ignorare la dimostrata superiorità di Sacubitril/Valsartan rispetto all’ACE-inibitore precludendo ai nostri pazienti un guadagno netto in termini di sopravvivenza.