SCA e Shock Cardiogeno

Giuseppe Parisi
La Toscana è pronta a partire con la rete dello shock?

Interessantissima sessione su shock cardiogeno e sindrome coronarica acuta che ha coinvolto una delle massime esperte sull’argomento in Italia, la Dott.ssa Serafina Valente. Lo shock cardiogeno è una sindrome che si distingue in diverse fasi per profilo emodinamico e clinico. La classificazione piramidale (SCAI) identifica vari profili associati a lettere dell’alfabeto dalla A (possibile rischio di sviluppare shock cardiogeno) alla E situazione di pre-arresto. L’avvento dell’angioplastica primaria ha comportato una riduzione sia della prevalenza di shock cardiogeno in corso di sindrome coronarica acuta sia della mortalità. In America si è visto come l’unloading del ventricolo sinistro con dispositivi di assistenza ventricolare come l’Impella, prima della procedura di riperfusione della lesione culprit, migliori notevolmente la prognosi. Punti chiave per il trattamento adeguato dello shock cardiogeno in corso di SCA sono la necessità, come sottolineato dalla LG ESC 2016, della rivascolarizzazione precoce della lesione culprit entro 90 minuti, e il trasporto del paziente preso un centro di terzo livello. Lo Shock center deve avere a disposizione una cardiochirurgia, un Team di emodinamisti che si occupano anche della parte strutturale, cardiologi intensivisti in grado di gestire il paziente critico, esperti in ventilazione invasiva e non invasiva e supporto circolatorio, emodinamica h24, chirurgia vascolare, chirurgia toracica, radiologia e neuroradiologia. Attualmente secondo la Dott.ssa Valente, la Toscana sarebbe pronta per affrontare la creazione e la gestione di una rete dello shock cardiogeno in base alle strutture ospedaliere presenti sul territorio. Il Dottor Vercellino entra nel dettaglio della criticità probabilmente più elevata dello shock cardiogeno nei pazienti con NSTEMI, più anziani, con maggiori comorbidità cardiache e non, nella maggior parte dei casi presentano prognosi nettamente peggiore dei pazienti con STEMI. Sottolinea la necessità di trattare non soltanto la lesione culprit ma effettuare una rivascolarizzazione completa previa preparazione del paziente con device di assistenza in primis Impella (risultati brillanti nel trial NCSI). Conclude la sessione il Dottor Clemenza con un excursus sui device di assistenza meccanica attualmente utilizzati in Italia ovvero IABP, Impella e ECMO. Riabilita il ruolo del contropulsatore aortico, che ha subito un downgrading nelle LG del 2016 (classe III), in quanto rappresenta il device di maggiore disponibilità, maggior facilità di posizionamento e più semplice gestione anche nei centri non di terzo livello. Aspettiamo maggiori conferme sull’utilizzo di Impella ed ECMO in tali pazienti per sartorializzare il percorso terapeutico.

 

Giuseppe Parisi