Gestione del paziente resuscitato da arresto cardiaco extraospedaliero: dal territorio alla riabilitazione

Danilo Puccio

L’arresto cardiaco extra-ospedaliero (OHCA) è un evento ancora gravato da elevatissima mortalità (1000 persone/giorno in Europa) e, nonostante negli ultimi anni si sia registrato un incremento del numero pazienti nei quali si riesce ad ottenere la ripresa spontanea del circolo (ROSC), questo avviene in non più di un terzo dei casi.
Qualora non si ottenga il ROSC entro i primi 15 minuti di manovre rianimatorie si parla, indipendentemente dal ritmo cardiaco sottostante, di arresto cardiaco refrattario (ACR), condizione che presenta una gestione assai complessa e ancora non del tutto codificata. Se l’obiettivo principale della rianimazione cardiopolmonare è ottenere il ROSC, nel corso del tempo si è assistito ad un cambio di prospettiva, dallo “stay and play” allo “scoop and run”, per la consapevolezza che una volta trasferito in Ospedale il nostro paziente può essere sottoposto a procedure che ne aumentano le probabilità di ROSC e a tutte le cure necessarie alla gestione del post arresto. Per il trasporto è possibile utilizzare dispositivi come i massaggiatori automatici (LUCAS), dimostratisi sicuri quanto le compressioni manuali, o l’ECMO (ExtraCorporeal Membrane Oxygenation) purché sia disponibile un team adeguatamente formato per il territorio. In ambito di trasporto è importante individuare i pazienti in grado di beneficiare maggiormente del trasferimento attraverso l’utilizzo di strumenti che considerino parametri quali l’età <75aa, l’OHCA testimoniato, il ritmo defibrillabile ed una causa di arresto presunta e facilmente correggibile. Tra le procedure che vanno garantite al paziente vi è la coronarografia associata alla PCI, metodica diagnostica-terapeutica in grado di trattare la causa sottostante l’arresto quando questo sia secondario a sindrome coronarica acuta con tratto ST sopraslivellato. Meno scontato è il ricorso alle stesse procedure in urgenza in assenza di sopraslivellamento ST, specie qualora non siano state escluse cause non cardiache di arresto anche se, in attesa dei risultati di trials specifici ancora on going, le raccomandazioni attuali in caso di alto sospetto di ischemia miocardica acuta sono di eseguire la coronarografia a prescindere dal dato elettrocardiografico poiché l’ECG possiede un basso valore predittivo negativo. La sindrome post-arresto cardiaco è responsabile di circa il 70% della mortalità intra-ospedaliera dei pazienti resuscitati e la sua gestione necessita di un approccio multidisciplinare che coinvolga cardiologi, rianimatori e neurologi.
I fattori che influenzano la prognosi dipendono principalmente dalle modalità di insorgenza dell’OHCA, dal tipo di paziente e dal grado di efficienza delle cure.
Infine fin dalle primissime fasi del trattamento occorre valutare il quadro neurologico ed il suo outcome poiché quest’ultimo influenzerà anche le scelte terapeutiche e la programmazione dei percorsi riabilitativi successivi.