Il trapianto di cuore: questioni di genere

Laura Garatti
La lettura magistrale della Professoressa Costanzo sui vantaggi e le problematiche dell’essere Donna nell’universo del Trapianto Cardiaco

È proprio di una donna uno dei volti più conosciuti nell’universo dell’insufficienza cardiaca avanzata e del trapianto di cuore. La Professoressa Maria Rosa Costanzo, in diretta da Chicago al 51° Congresso Nazionale ANMCO, può vantare in questo ambito un’esperienza straordinaria, che le ha consentito di affermarsi come figura di riferimento nel panorama scientifico internazionale. Attraverso dati raccolti nel corso di decenni, ci porta con sé in un’analisi accurata degli outcome del trapianto cardiaco e della loro variabilità in relazione al genere, file rouge dei lavori congressuali di quest’anno.

Parliamo innanzitutto di numeri: le donne rappresentano solo il 20% dei riceventi di trapianto di cuore, anche a fronte di un progressivo incremento del numero di trapianti nell’ultima decade. Se guardiamo alla sopravvivenza a lungo termine, tuttavia, il genere femminile sembrerebbe avvantaggiato, con una sopravvivenza mediana di 12.2 anni rispetto agli 11.5 anni di sopravvivenza mediana indipendentemente dal genere.

Questo dato si lega ad una serie di fattori da tenere in considerazione. In primo luogo, il mismatch di genere donatore-ricevente gioca generalmente a vantaggio del sesso femminile, penalizzando invece riceventi maschi che hanno outcome sfavorevoli dopo il trapianto di organo da donatrice femmina per via della differenza di corporatura. Al di là di questo, i principali determinanti della maggiore sopravvivenza delle trapiantate di cuore si ritrovano in due fattori: il minor rischio di coronaropatia del graft, principale determinante di mortalità nel follow-up a lungo termine di questi pazienti, e la minore prevalenza di neoplasie.

L’altro lato della medaglia, però, riguarda la qualità di vita: è stato dimostrato come le donne, anche a fronte di una maggiore sopravvivenza dopo trapianto, sperimentino una peggiore qualità di vita e lamentino, rispetto agli uomini, un maggior grado di limitazione funzionale nelle attività quotidiane.

Un capitolo a parte merita il tema della gravidanza, aspetto che riveste particolare importanza nella vita di una donna ma che dovrebbe interessare anche ogni professionista che si occupi di insufficienza cardiaca avanzata e trapianti. Prima del trapianto, la storia di pregressa gravidanza di una donna affetta da insufficienza cardiaca deve spingere l’attenzione dello specialista verso il rischio di sensibilizzazione legato ad anticorpi anti-HLA. L’identificazione precoce di tali autoanticorpi permette di considerare e mettere in atto specifici protocolli di desensibilizzazione che possono notevolmente migliorare l’outcome post-trapianto.

Sempre maggior interesse, inoltre, riveste il problema della gravidanza dopo trapianto cardiaco. La crescente esperienza sviluppata nell’ambito trapiantologico, infatti, ha portato ad un aumento della sopravvivenza a lungo termine e, di conseguenza, allo sviluppo di desiderio di maternità da parte di ragazze trapiantate in giovane età. Le condizioni cliniche al momento dell’inizio della gestazione rivestono grande importanza: è fondamentale accertare l’assenza di rigetti nell’ultimo anno, una adeguata funzione del graft e la stabilità nel dosaggio dei farmaci immunosoppressori, che dovranno essere modificati in relazione alla teratogenicità di alcuni di essi.

In questo ambito ha un ruolo centrale il counselling pre-gravidico: essere madre, per una donna trapiantata, è un progetto che non deve essere escluso a priori ma che porta con sé dei rischi di cui la paziente deve essere consapevole.

 

Laura Garatti