Imaging cardiovascolare nelle Sindromi Coronariche Croniche: come scegliere?

Laura Garatti

Il 2019 è stato un anno importante per la Cardiopatia Ischemica Cronica, a partire dalla riclassificazione dei quadri clinici che la contraddistinguono sotto il nome di “Sindromi Coronariche Croniche”. Una definizione eloquente e puntuale, che evidenzia il concetto di evolutività di una malattia che, anche in forma cronica, prevede una situazione dinamica legata al comportamento della placca aterosclerotica e all’interazione tra fattori di rischio cardiovascolare. Proprio le linee guida ESC 2019 hanno cercato di farci strada tra le varie metodiche che ci permettono di inquadrare il paziente con sospetta sindrome coronarica cronica.

Ecocardiografia, TAC coronarica, Risonanza Magnetica cardiaca e Medicina Nucleare si contendono da molti anni il titolo di esame principe nel percorso diagnostico della cardiopatia ischemica cronica e sono i protagonisti del mini simposio “Imaging Cardiovascolare nelle Sindromi Coronariche Croniche: come scegliere?”.

Inizia dalla metodica più “anziana” la Dottoressa Lanni, che illustra il ruolo centrale dell’ecocardiografia da stress nella valutazione dell’ischemia inducibile. L’importanza non sta solo nella diagnosi di coronaropatia nei pazienti con sintomi sospetti per angina, ma anche nel significato prognostico di questo tipo di esame, legato ad informazioni quali l’estensione delle aree acinetiche ed il carico di lavoro o dose di farmaco a cui si verifica l’ischemia.

Secondo concorrente è la TAC coronarica, che, come spiega il Dottor Fabiani, si è affermata negli ultimi anni nel panorama dell’imaging delle sindromi coronariche croniche grazie ad una serie di studi multicentrici che ne hanno dimostrato l’ottima sensibilità e la buona specificità. Proprio in virtù di tali caratteristiche, le più recenti linee guida hanno conferito alla coro-TAC un ruolo centrale per la diagnosi di coronaropatia, soprattutto nei pazienti a rischio intermedio-basso di malattia. Grande merito della coro-TAC, come dimostrato dallo studio SCOT-Heart, è quello di identificare pazienti con aterosclerosi subclinica, che possono beneficiare di una terapia medica precoce ed aggressiva con conseguente significativa riduzione della mortalità.

Spetta al Dottor Faganello il compito di difendere, in quello che lui stesso definisce un ring dove i pugili sono le metodiche di imaging cardiovascolare, il ruolo della Risonanza Magnetica Cardiaca. Attraverso una carrellata di studi clinici che si sono susseguiti a partire dal 2003, è facile comprendere come questa metodica meriti sicuramente una posizione di rilievo nel panorama del percorso diagnostico del paziente con cardiopatia ischemica. Gli ottimi risultati mostrati sia nel rule-out che nel rule-in della coronaropatia, nell’individuazione di aree anche parcellari di necrosi miocardica e nel supporto a decisioni terapeutiche quali la ricanalizzazione di occlusioni coronariche croniche, hanno fatto della RM cardiaca l’eterna promessa della diagnosi di ischemia inducibile. Una promessa non del tutto mantenuta, stando ai dati di scarso utilizzo di questa tecnica nell’ambito delle sindromi coronariche croniche. I colpevoli? Probabilmente, tra i principali, la scarsa disponibilità ed il difficile accesso per molti centri e la tuttora scarsa expertise di molti cardiologi.

Infine, Danilo Neglia sintetizza il ruolo diagnostico e prognostico della Medicina Nucleare e più in generale dei test funzionali, attraverso un interessante confronto con l’approccio di tipo anatomico proprio della coro-TAC. Quello che ne risulta è un messaggio semplice ma fondamentale: la cardiologia nucleare è sicuramente utile nella diagnosi di coronaropatia significativa, ma trova la sua applicazione più importante nella stratificazione del rischio e nella guida alla rivascolarizzazione miocardica, che ha un impatto significativo sulla sopravvivenza solo se in presenza di ischemia estesa a valle di una coronaria con stenosi ostruttiva.

Il messaggio finale di questa sfida trova tutti d’accordo: in virtù del ben noto impatto della Cardiopatia Ischemica cronica sulla morbidità e mortalità in Europa e nel mondo, il nostro compito non è solo diagnosticare e trattare in modo accurato le sindromi coronariche croniche, ma anche fare un appropriato utilizzo dei test che abbiamo in un’ottica di ottimizzazione delle risorse.

Laura Garatti

 

 

Picture by Arek Socha