Inibitori monoclonali di PCSK9: la rivoluzione dei farmaci biologici per i pazienti ad alto rischio cardiovascolare

Emilia Biscottini
Nella sfida all’ipercolesterolemia entrano in gioco i nuovi farmaci biologici inibitori di PCSK9

L’arrivo dei farmaci biologici, già in uso in oncologia e reumatologia, promette efficacia e prevedibilità nella risposta al trattamento, migliore aderenza alla terapia e minori effetti avversi.
Sicuramente non sono e non saranno farmaci di prima scelta! Questo anche a causa di un problema da non sottovalutare che sarà senza dubbio quello dei costi, probabilmente piuttosto alti.

Non lasciatevi spaventare dal nome (alirocumab ed evolocumab!)… Si parla di una novità davvero promettente per vincere la battaglia contro gli elevati livelli plasmatici di colesterolo LDL troppo spesso indomabili! Il simposio del 5 giugno (ore 8.30 Sala Parini), grazie all’intervento di illustri relatori, moderati dal Presidente Dott. Michele Massimo Gulizia in persona, permetterà a molti di fare la conoscenza di una nuova tipologia di farmaci in studio per il trattamento dell’ipercolesterolemia, che già si sono mostrati promettenti in termini di raggiungimento dei target LDL suggeriti dalle Linee Guida, in assenza di effetti indesiderati rilevanti. Si tratta di anticorpi monoclonali, a somministrazione sottocutanea, ogni 2 o 4 settimane, in grado di inibire la proteina PCSK9 coinvolta nella degradazione del recettore delle LDL sugli epatociti: grazie all’inibizione di tale proteina viene aumentata la disponibilità del recettore sulla superficie cellulare, con maggiore degradazione delle LDL a livello lisosomiale e  quindi riduzione dei loro livelli plasmatici. I dati finora disponibili sono molto interessanti e potrebbero rivoluzionare l’approccio al trattamento del paziente ad alto rischio cardiovascolare sia in prevenzione primaria che secondaria, soprattutto nel delicato ambito della ipercolesterolemia familiare. Fino ad oggi abbiamo avuto a disposizione le statine ad alta efficacia (atorvastatina e rosuvastatina) in associazione o meno ad ezetimibe con risultati spesso non soddisfacenti e non prevedibili, associati ad effetti collaterali veri o presunti sicuramente non trascurabili. Dobbiamo purtroppo ammettere che spesso abbiamo rinunciato nell’arduo tentativo di raggiungere il target di LDL migliore per il paziente, il quale a sua volta, ha spesso evitato di dare il suo contributo con aderenza alla terapia ed adeguato stile di vita… L’arrivo dei farmaci biologici, già in uso in oncologia e reumatologia, promette efficacia e prevedibilità nella risposta al trattamento, migliore aderenza alla terapia e minori effetti avversi. Sia in mono-somministrazione che in terapia di associazione, il farmaco ha dimostrato di ridurre drasticamente i livelli di colesterolo LDL, permettendo di ottenere il fatidico target <70 mg/dl o <100 mg/dl in base al profilo di rischio cardiovascolare del singolo paziente. Nell’eterna rincorsa del “the lower the better”, i risultati preliminari di ODYSSEY (studio randomizzato su alirocumab) e OSLER (studio randomizzato su evolocumab) sembrano confermare che tanto più si riduce il colesterolo LDL, tanto maggiore è la protezione nei confronti delle malattie cardiovascolari. Sicuramente non sono e non saranno farmaci di prima scelta! Le indicazioni saranno limitate all’ipercolesterolemia familiare, ai pazienti intolleranti alle statine e a coloro che non raggiungono l’obiettivo terapeutico nonostante i comuni ipocolesterolemizzanti alle dosi massime tollerate. Questo anche a causa di un problema da non sottovalutare che sarà senza dubbio quello dei costi, probabilmente piuttosto alti. In attesa di ulteriori conferme anche in termini di riduzione della mortalità cardiovascolare, che ci auguriamo saranno ottenuti dagli studi in corso, non possiamo non seguire questo originale simposio: finalmente qualcosa di nuovo all’orizzonte che sembra vicino e raggiungibile.