Lettura Magistrale John Cleland “Heart Failure today and tomorrow: the european perspective”

Giovanna Di Giannuario
Il futuro dello scompenso cardiaco necessita di nuovi trial, la scienza di base

Nella sala Anfiteatro alle ore 17.00, introdotto dal Presidente ANMCO il Dottor Domenico Gabrielli e presentato dalla segretaria ANMCO Dott.ssa S. Valente, ha tenuto una Lettura Magistrale sullo scenario futuro dello scompenso cardiaco il Professor John Cleland, una autorità internazionale nel campo dello scompenso cardiaco. Che cosa ci porterà il futuro? Il professore ha iniziato citando la canzone di Doris Day che sarà che sarà… ed esordisce con una riflessione personale: a dispetto delle varie eziopatogenesi dello scompenso cardiaco non tutti abbiamo lo stesso futuro fortunatamente. Lo scompenso è una patologia che rappresenta un problema mondiale, non solo europeo, e nonostante i cambiamenti geografici dell’Europa intesa come Unione Europea (sottile riferimento alla posizione della sua nazione Inghilterra) ha una incidenza diversificata ed un trattamento diverso nelle diverse nazioni europee. La popolazione sta cambiando, i pazienti sono sempre più anziani e cambiano, come anche i dottori e gli infermieri, cambiano anche le strategie di trattamento del paziente.
L’epidemiologia dello scompenso cardiaco inglese è molto simile a quella italiana, la prevalenza della patologia sta aumentando progressivamente ed aumenterà di circa il 25% nei prossimi anni. Esiste un’incidenza molto diversa nelle diverse regioni inglesi, nell’est dell’Inghilterra l’incidenza è doppia rispetto al sud dell’Inghilterra. Inoltre, è statisticamente dimostrato che nelle regioni più povere vi è un incremento maggiore dell’incidenza dello scompenso cardiaco, ciò suggerisce che vi è un legame molto stretto dell’incidenza dello scompenso cardiaco con i fattori di rischio cardiovascolari modificabili. Nelle ultime linee guida europee vi è stata una rivoluzione della classificazione dei tipi di scompenso cardiaco con la introduzione dello scompenso cardiaco con moderata riduzione della funzione sistolica (HFmrEF mid range, EF compresa tra il 40 ed il 49%) in aggiunta alla nota classificazione di scompenso cardiaco con funzione ridotta e con funzione sistolica preservata, inoltre una altra innovazione è stata l’introduzione tra i molteplici target terapeutici della espressione genica. Il futuro, secondo il professor John Cleland, necessita di nuove definizioni, nuovi algortimi diagnostici e terapeutici, che portino verso una medicina personalizzata.
Inoltre il professore ha sottolineato che stiamo andando verso una medicina computerizzata che utilizza le intelligenze elettroniche che porterà ad un miglioramento delle possibilità diagnostiche e della gestione dei BIG data. Inoltre le tecnologie elettroniche come il cloud potrebbero permettere di storare e condividere a livello internazionale numeri impressionati di dati clinici per creare dei trial che portino al miglioramento della diagnosi e del trattamento dello scompenso cardiaco. Lo scompenso cardiaco cronico ha alla base molteplici cause eziopatogenetiche, necessita della ricerca di un fenotipo terapeutico escludendo una per una tutte le molteplici cause di scompenso cardiaco quali: amiloidosi, cardiomiopatie, valvulopatie, HF mrEF, Hr prEF.
Se noi identifichiamo un nuovo esordio di scompenso cardiaco in un paziente con iniziale cardiomiopatia dilatativa dobbiamo studiare vari aspetti clinici: il QRS, gli anticorpi anti betabloccanti prodotti per un difetto di espressione genetica ed altre diverse cause eziopatogenetiche. Le Statistiche e la pratica clinica ci dicono che nel caso di scompenso cardiaco iniziale se noi instauriamo un corretto trattamento con betabloccanti, con un buon controllo della frequenza cardiaca possiamo recuperare e normalizzare la frazione di eiezione (EF), eventualmente ricorrendo nei casi opportuni anche alla terapia di resincronizzazione con CRT.
Dal punto di vista farmacologico la novità degli ultimi anni è stata il Sacubitril/Valsartan, ma si stanno affacciando nuove classi di farmaci quali ad esempio gli attivatori della miosina cardiaca che sono ancora in fase di sperimentazione, nonostante il primo lavoro scientifico sperimentale è stato pubblicato su science nel 2011 sono ancora in fase di studio. Il professor Cleland ha sottolineato che questi farmaci sono in grado di aumentare lo stroke volume e di ridurre il peptide natriuretico in maniera persistente documentando un’azione inotropa positiva persistente, egli è sicuro che questi nuovi farmaci attivatori diretti della miosina rappresentano una reale chance terapeutica dei prossimi anni. Ci ha parlato poi di nuovi farmaci ancora in corso di sperimentazione che agiscono sui mitocondri, alcune classi agiscono migliorando la produzione dello ATP, altri sul coenzima Q10, la cui regolazione ha dimostrato già in modelli sperimentali di riuscire a dimezzare la mortalità per scompenso cardiaco.
Come possiamo migliorare il trattamento futuro dello scompenso cardiaco? Secondo il professor Cleland con osservazioni condotte con “serendipity”, idee brillanti, scienze di base, maggiori trial, l’identificazione di nuovi biomarker e target genetici. Se seguiamo le prescrizioni terapeutiche delle attuali linee guida il 15% dei pazienti affetti da scompenso recupera la funzione sistolica (EF) in 3 anni, il 55% si stabilizza, il 15% muore ed il 15% dopo aver recuperato torna alla fase iniziale. Generalmente i pazienti con scompenso cardiaco di grado lieve che non hanno una malattia cardiovascolare hanno una buona prognosi ed una bassa mortalità, invece i malati scompensati con cardiopatia vascolare e con aritmie hanno una prognosi peggiore. Per controllare la congestione nei pazienti scompensati si sono dimostrati efficaci il Sacubitril/Valsartan, lo SGLT-2, ma anche la torasemide e acetazolamide quindi il tipo di diuretico scelto ha la sua importanza. Nello studio RALES il diuretico antagonista del mineralcorticoide ha ridotto la mortalità con una dose media di 50 mg e minima di 25 mg. I pazienti anziani con più di 80 anni, hanno spesso uno scompenso da ipertensione arteriosa mal controllata, che nel 68% dei casi può essere ridotto se si usa aceinibitore e diuretico. Un’altra novità del futuro deriva dall’osservazione che nel 10-20% di scompenso con funzione sistolica preservata (HFpEF) è stata riscontrata una diagnosi di amiloidosi e sono stati sperimentati dei nuovi farmaci come il tafamidis, risultati efficaci che potranno curare la malattia sistemica e migliorare lo scompenso e la prognosi di questi pazienti. Nei prossimi anni inoltre il ricorso alla TAVI più precoce nelle classi sintomatiche iniziali, ridurrà sicuramente l’incidenza dello scompenso cardiaco ad eziologia valvolare. Ma nel caso di un paziente anziano di 80 anni con multipli fattori di rischio, scompenso e stenosi aortica, che dichiara di non voler vivere più, che cosa dobbiamo fare? il professor Cleland apre nelle diapositive finali un grande dilemma sulle strategie terapeutiche nelle malattie croniche nell’anziano fragile e sul fine vita, dichiarando che il 70% degli intervistati in UK e USA è favorevole all’eutanasia. Nelle Fiandre l’84% dei pazienti riceve un’eutanasia in una fascia di età 65-75 anni. Ci fermiamo o cerchiamo di invertire l’invecchiamento? L’eutanasia può essere un trattamento possibile nel futuro. La frase conclusiva del professore è che comunque si deve cercare di fare il meglio possibile per il paziente e di essere il meglio per il paziente.