DAPT a lungo termine: un nuovo paradigma

Dall’evento acuto alla riduzione del rischio residuo.

La gestione del paziente con malattia aterosclerotica richiede l’utilizzo di più farmaci, ognuno con uno specifico obiettivo. L’innovazione legata alla disponibilità di nuove molecole, il miglioramento della terapia antiaggregante, l’impiego di elevati dosaggi delle statine hanno consentito notevoli benefici clinici a partire dall’evento acuto tuttavia è evidenza condivisa, come emerso anche dagli studi clinici, che la riduzione del rischio del paziente è legata al mantenimento nel tempo delle terapie prescritte in acuto, mantenimento che, per esempio, nel caso degli antiaggreganti va al di là del periodo previsto per la prevenzione degli eventi trombotici dei DES.

Se la terapie si devono prolungare nel tempo questo implica che si prolunghino anche i rischi legati alle terapie stesse, di sanguinamento nel caso della duplice antiaggregazione. Oggi abbiamo stent che richiedono un periodo più breve di terapia pur considerando che il rischio di sanguinamento maggiore non si concentra unicamente nel primo periodo della DAPT ma aumenta nel tempo e che tanto i sanguinamenti maggiori quanto quelli minori impattano sulla qualità di vita dei nostri pazienti.

A tal riguardo risulta cruciale identificare i pazienti che possono beneficiare della DAPT a lungo tempo anche sulla base delle ultime Linee Guida ESC sulla SCA NSTEMI. In questo processo decisionale possono venirci in aiuto diversi score come il DAPT score che si propone come un “decision tool” ma ciò che è veramente importante è la valutazione delle caratteristiche cliniche dei pazienti ricordando che i pazienti diabetici, quelli con arteriopatia obliterante degli arti inferiori o con malattia renale o con malattia coronarica estesa o ad elevata complessità procedurale beneficiano del prolungamento della DAPT.

Il prolungamento della DAPT sarà ad ogni modo proponibile solo per quei pazienti che abbiano ben tollerato la terapia antiaggregante nei 12 mesi precedenti, che siano aderenti alla terapia e che non presentino un elevato profilo di rischio emorragico.