QUELLO CHE LE LINEE GUIDA SULLO SCOMPENSO NON DICONO

Danilo Puccio

Lo scopo intrinseco delle Linee Guida (LG) è per definizione quello di indirizzare e supportare le nostre scelte cliniche, diagnostiche e terapeutiche, basandosi sulle migliori evidenze scientifiche disponibili al momento della loro stesura. Capita spesso, tuttavia, di trovarsi a dover prendere delle decisioni che sono solo in parte o per nulla suffragate da un’adeguata evidenza scientifica o dal consenso dei più esperti.

Le criticità e le ombre attualmente esistenti nelle più recenti LG europee sulla diagnosi e cura dello Scompenso Cardiaco (SC) acuto e cronico sono state al centro delle tematiche discusse in questa seguitissima Main Session tenutasi in Anfiteatro. Nell’ultima release delle LG ad esempio, grazie ad una precedente intuizione di Lam e Solomon, per la prima volta viene meglio definita una classica “grey area” delle LG precedenti: lo SC con frazione di eiezione compresa tra 40 e 49%, il cosiddetto scompenso cardiaco a funzione “mid range”.

Come chiarito dalla Dott.ssa Aspromonte, questa nuova categoria, a differenza di quanto accadeva nel passato, va intesa come entità nosologica a sé stante, non certo per la presenza di solide evidenze scientifiche relative ad un suo trattamento peculiare, bensì al fine di stimolare e finalizzare la ricerca sullo studio della sua corretta epidemiologia, sulle caratteristiche fisiopatologiche ad essa sottostanti e su specifici trattamenti tailored.

Il Dott. Urbinati successivamente ha trattato un altro aspetto molto delicato ed importante, quello inerente il rapporto tra lo SC e le svariate comorbidità ad esso associabili sia cardiovascolari che non. Anche in questo campo esistono parecchie zone d’ombra relative al fatto che specifiche tipologie di pazienti che ritroviamo nella nostra pratica clinica non corrispondono a quelle selezionate all’interno dei grandi trial di intervento, ad esempio il paziente molto anziano o quello molto giovane o il paziente con insufficienza renale di grado severo tanto per citarne alcuni.

Le comorbidità possono non solo influenzare il nostro approccio terapeutico al paziente scompensato, ma il loro specifico trattamento può di per sé peggiorare la patologia cardiaca di base così come alcune comorbidità possono costituire sia il fattore eziologico stesso dello SC, che il fattore precipitante una sua riacutizzazione.

Il Dott. Oliva ha poi presentato le ultime acquisizioni scientifiche riguardo la terapia dello SC acuto, ponendo l’accento sul punto cruciale dell’argomento, cioè la generalizzazione del trattamento senza tener conto della corretta fenotipizzazione del paziente, con ovvie ripercussioni anche sull’adeguatezza della terapia.

Si è inoltre parlato dell’ottimizzazione della terapia nel paziente con SC cronico, il Dott. Di Tano ha eviscerato in particolar modo le cause e le possibili soluzioni dei casi dei “non responders” al trattamento medico stressando in particolare il concetto dell’importanza dell’aderenza terapeutica.

Infine il Dott. Sinagra ha ben chiarito gli aspetti peculiari del trattamento non farmacologico dello SC, in particolare quelli relativi all’impianto del defibrillatore per la prevenzione della morte cardiaca improvvisa e alla terapia di resincronizzazione cardiaca, chiarendo gli aspetti propri delle indicazioni all’una o all’altra terapia o ad entrambe.