Meeting sulle miocarditi: il parere degli esperti

di Antonella Spinelli

Nel meeting odierno sulle miocarditi si è fatta chiarezza sul percorso clinico-diagnostico-terapeutico. Punto di partenza fondamentale è la pubblicazione del recente documento di consenso ANMCO/SIC nel Dicembre 2020 e il nuovo documento di consenso pubblicato sull’European Hearth Journal 2021 a cui hanno fatto riferimento i nostri esperti. Il Dr. Marco Merlo ha iniziato il percorso con l’eziopatogenesi, chiarendo che la miocardite acuta può dipendere da uno o più fattori consistenti in predisposizione genetica, non ancora completamente definita, risposta infiammatoria anomala in un contesto di autoimmunità e l’esposizione ad agenti infettivi (prevalentemente virus) oppure tossici o alcuni farmaci. Negli ultimi anni si è osservato un cambiamento epidemiologico degli agenti virali, con prevalenza dei Coxsackie virus B fino alla fine degli anni ‘90 e di PVB19 e HHV-6 negli anni 2000. La Dr.ssa Pedrotti Patrizia ci ha parlato di come fare diagnosi, in cui riveste un ruolo di primaria importanza un’accurata anamnesi associata ai dati ECG, ai dati ecocardiografici (soprattutto la presenza di versamento pericardico presente fino al 25% dei casi) e la RMN cardiaca che ne rappresenta il “gold standard”. La RMN è fondamentale per la diagnosi differenziale tra origine ischemica e non ischemica della patologia nei pazienti che si presentano con dolore toracico, aumento della troponina e coronarie normali. Nei quadri di miocardite infatti il pattern di distribuzione delle alterazioni del segnale alle immagini pre e post-contrasto è a “macchia di leopardo”, spesso in sede subepicardica e non è correlato ai territori di afferenza dei vasi coronarici. Il timing della RMN risulta perentorio, dovrebbe essere eseguita il prima possibile e comunque entro le prime due settimane, in quanto dopo 3-4 settimane i segni di edema tendono a regredire. La rivalutazione a 3-6 mesi dall’evento acuto consente di evidenziare gli esiti fibrotici ed è stato dimostrato che la presenza, la sede e l’estensione del LGE è un fattore potenziale di recidive aritmiche anche dopo diversi anni dall’episodio acuto. La Dr.ssa Caforio ha chiarito il ruolo della biopsia endomiocardica (BEM), raccomandata negli scenari ad alto rischio, nei quali il suo esito incide sull’orientamento prognostico e terapeutico, ovvero nelle forme ad esordio con scompenso severo, aritmie ventricolari maggiori, blocchi atrio-ventricolari avanzati, severa disfunzione ventricolare non accompagnata da rimodellamento strutturale e refrattaria alla terapia convenzionale. La BEM permette infatti l’identificazione di forme specifiche di miocardite e un trattamento mirato all’eziopatogenesi. A concludere la sessione è stato il Prof. Gianfranco Sinagra parlandoci della terapia. Il Prof. ha introdotto tre punti fondamentali, la modalità di presentazione della malattia, la gravità e l’istotipo. Per quanto riguarda la terapia medica è volta al controllo dei sintomi. Per il dolore toracico si possono utilizzare i FANS; per lo scompenso cardiaco i diuretici dell’ansa e gli inotropi limitatamente alle condizioni di bassa portata; per le aritmie amiodarone, sotalolo (se FE >20%) e mexiletina; nei quadri con evoluzione a shock cardiogeno assistenza meccanica (il più recente sistema Impella) e valutazione al trapianto. Per quanto riguarda l’istotipo la terapia è mirata all’eziopatogenesi coinvolta. Nelle forme virali possono essere utili il trattamento con antivirali o potenziamento dell’immunità naturale con interferone o infusione di immunoglobuline ad alte dosi. Nelle miocarditi da agenti infettivi si utilizzano gli antibiotici. Nelle miocarditi da farmaci la sospensione degli stessi, o eventualmente il cortisone associato se necessario a immunosoppressori. Le miocarditi in malattie sistemiche immuno-mediate (miocarditi gigantocellulari, eosinofile, linfocitarie) si utilizza il trattamento immunosoppressivo di combinazione inclusi i cortisonici. I pazienti ad alto rischio, cioè quelli che si presentano con esordio aritmico e scompenso grave hanno una prognosi sfavorevole.  Dai dati in possesso fino ad oggi risulta prudente impiantare l’ICD in prevenzione secondaria anche nella fase acuta di un episodio di miocardite potenzialmente reversibile. Nei casi di blocco atrio-ventricolare completo persistente per più di 5-7 gg a distanza dall’esordio è indicata la stimolazione permanente. Superata la fase acuta tutti i pazienti con FE <35% andrebbero trattati con ICD. Alla dimissione nei pazienti con FE preservata non vi sono dati certi a sostegno dell’uso protratto di beta-bloccanti, ACE-inibitori o sartani. Allo stesso modo non vi sono indicazioni in merito alla sospensione dei farmaci inizialmente prescritti che spesso avviene a un anno dall’episodio acuto, nei pazienti asintomatici con ventricolo sinistro di normali dimensioni e funzione. Il messaggio chiave che è emerso dalla sessione è che è fondamentale fare diagnosi, senza la quale non si può procedere ad una adeguata strategia terapeutica.

Antonella Spinelli ANMCO
Antonella Spinelli