Ad impreziosire la prima giornata del nostro Congresso ANMCO nella Sala del Borgo il Minimaster di Cardioncologia, nel quale i Relatori tutti hanno affrontato argomenti di elevato contenuto ed interesse scientifico. Dalle loro relazioni sono emerse novità e principali raccomandazioni sulla gestione del paziente oncologico. Nelle due sessioni che hanno caratterizzato questo Minimaster ci hanno guidato egregiamente nella moderazione dapprima il Dott. Turazza e successivamente insieme il Dott. Feola e il Dott. De Nardo.
Le malattie CV e i tumori rappresentano le cause di mortalità più alta in Italia condividendo quei fattori di rischio frequenti nella popolazione generale (fumo, sedentarietà, obesità, abuso di alcol, diabete e sindrome metabolica).
Sappiamo quanto la presenza di un alto rischio cardiovascolare complichi la gestione del paziente oncologico, in quanto potenzia il rischio di eventi secondari al trattamento oncologico limitando il trattamento oncologico stesso. Pertanto è fondamentale identificare la presenza di fattori di rischio e valutare il grado di rischio per poter potenziare una terapia già in atto o instaurarne di nuove in modo permettere il più adeguato ed efficace trattamento antiblastico.
I farmaci “chemioterapici” sia classici (antracicline) sia quelli di nuova generazione (anticorpi monoclonali-immunoterapie) sono potenzialmente cardiotossici e possono comportare danni a livello cardiaco incidendo negativamente sulla qualità e prognosi del paziente indipendentemente dalla patologia oncologica di base.
Lo sviluppo di cardiotossicità anche quando asintomatica ha un impatto negativo sulla prognosi cardiologica del paziente e limita le sue opportunità terapeutiche. La cardiotossicità si può avere non solo per il trattamento antiblastico, ma anche radioterapico sia in forma acuta (pericardite) che cronica (pericardite costrittiva-valvulopatia, coronaropatia). L’incidenza e la severità del danno dipendono da diversi fattori. Negli ultimi anni la simulazione tomografica permette di escludere il cuore dal fascio radiante e il “gating” respiratorio riduce l’esposizione cardiaca nei pazienti trattati con radioterapia riducendone anche gli effetti “tossici”.
L’obiettivo principale per il Cardiologo è identificare il paziente ad alto rischio per sottoporlo a stretto monitoraggio in corso di terapia antiblastica ed identificare il danno miocardico precoce prima che questo sia clinicamente evidente: e qui entrano in gioco oltre alla clinica le tecniche di imaging e i biomarcatori.
L’ecocardiografia svolge un ruolo fondamentale; nella diagnosi di danno miocardico precoce fondamentale è lo strain longitudinale globale (GLS) con metodica Speckle Tracking che fornisce informazioni sulla meccanica del miocardio prendendo in considerazione parametri di deformazione sistolica del muscolo cardiaco; il global systolic longitudinal (GLS) in eco 2D permette di individuare precocemente l’eventuale insorgenza di cardiotossicità in fase di danno subclinico ad FE ancora normale, una riduzione del GLS >15% rispetto a quello di base è sicuramente anormale. Quando disponibile, la RMN cardiaca gioca un ruolo importante in quanto mezzo più avanzato per la caratterizzazione tissutale del miocardio.
Tra i biomarcatori la troponina, fortemente discussa, ha un importante ruolo: diversi studi hanno dimostrato che il suo aumento rappresenta un fattore predittivo di successiva disfunzione ventricolare sinistra in pazienti trattati con chemioterapia stratificando il rischio cardiaco a breve e a lungo termine.
L’informazione fornita da misurazioni del BNP e NT-proBNP nella valutazione della cardiotossicità rimane ancor oggi di difficile interpretazione. I biomarcatori e le metodiche di imaging permettendo una diagnosi di danno subclinico forniscono un razionale per strategie farmacologiche preventive in pazienti selezionati e sotto stretta sorveglianza (ACE-I- betabloccanti).
La sessione nella sua seconda parte si sofferma sulle SCA: la loro genesi nel paziente oncologico è multifattoriale. Il quadro di NSTEMI è prevalente ed è gravato da elevata mortalità. In generale le SCA nei pazienti oncologici hanno una prognosi peggiore e spesso il motivo risiede nell’approccio poco “aggressivo”; viene dato dal nostro relatore un input ad un approccio multidisciplinare, non conservativo ove possibile, applicando anche per i pazienti oncologici le Linee Guida proprie della popolazione generale.
Anche per la stenosi valvolare aortica severa è fondamentale un approccio multidisciplinare per una valutazione del rischio. La patologia può essere approcciata sia in senso chirurgico che percutaneo in una fase iniziale di neoplasia per poter avere un beneficio in termini di sopravvivenza.
Infine due argomenti spigolosi, ma interessantissimi, uno rivolto alle problematiche cardioemboliche con raccomandazione ad impostare un trattamento con DOAC in base alla stratificazione del rischio e ciò è possibile grazie ai dati dei nuovi studi; l’altro riguardante le aritmie maligne secondarie alla instaurata cardiotossicità dove ad avere prognosi peggiore è certamente quella secondaria a disfunzione Ventricolare sinistra.
Questa sessione molto esaustiva ed intrigante delinea i caratteri del “cardioncologo” che deve saper prevenire, diagnosticare e trattare potenziali effetti cardiotossici pianificando un più stretto monitoraggio della funzione cardiaca e introducendo, in fase precoce, una terapia cardiologica di supporto e preventiva.
Emerge la complessità del paziente oncologico con patologia cardiaca ed il suo trattamento è una vera sfida che vale la pena affrontare sempre!