Minimaster cardiologia interventistica: cosa deve sapere il cardiologo clinico

di Giovanna Di Giannuario
Il rapporto tra cardiologo clinico ed emodinamista richiede una stretta interazione, la conoscenza dello sviluppo tecnologico e terapeutico da parte di entrambi gli operatori per la scelta del miglior trattamento del paziente con aterosclerosi coronarica.

Nella prima giornata del 52° Congresso ANMCO si è tenuto nella Sala Marina il Minimaster su cosa deve sapere il cardiologo clinico nell’ambito della cardiologia interventistica. La continua evoluzione delle tecnologie in ambito di cardiologia interventistica sia in termini di Device che di Innovazioni tecnologiche impone sempre di più al cardiologo clinico un costante aggiornamento ed un rapporto continuo con il cardiologo interventista.

Nella I sessione si è parlato di sindromi coronariche acute dallo NSTEMI allo STEMI ed infine allo Shock cardiogeno. Il Dottor Caporale ha iniziato parlando di stratificazione del rischio delle SCA NSTE che sostanzialmente si basa sempre sul GRACE score. Lo score ci permette di identificare 3 classi di rischio: basso, medio ed alto; il paziente con alto rischio dovrebbe eseguire uno studio coronarografico entro 24 ore.

Nel paziente con STEMI l’angioplastica primaria è il gold standard ma nei centri senza emodinamica in caso di tempi precoronarici superiori a 120 minuti è consigliata la fibrinolisi. Nei pazienti con STEMI ovviamente il paziente va trattato con aspirina ed inibitori P2Y12 prasugrel o ticagrelor, esistono anche alcuni lavori con il cangrelor endovenoso poco diffuso in Italia. Nel nostro Paese è stato condotto inoltre uno studio randomizzato, il, DUBIUS, per valutare il pre-trattamento con prasugrel e ticagrelor, che non ha mostrato nessuna differenza nei due diversi pretrattamenti su endpoint e sanguinamenti maggiori, ed infatti nelle linee guida europee il pretrattamento non è necessario (Classe III).

Il Dottor Amico ha parlato del Timing e della modalità di rivascolarizzazione nello STEMI, ribadendo la necessità di intervenire precocemente ottimizzando i tempi pre-ospedalieri che hanno il maggior impatto prognostico sull’outcome del paziente.

In era di medicina digitale sicuramente le nuove tecnologie aiutano nel ridurre tali tempi. Il Tempo è muscolo ed una rivascolarizzazione con PTCA primaria nelle prime 2 ore dall’insorgenza dei sintomi migliora la sopravvivenza dei pazienti, oltre i 120 minuti si può procedere alla fibrinolisi, ed oltre le 48 ore la PTCA va eseguita solo in caso di instabilità clinica.

In caso di paziente multi-vasale esistono dati di letteratura discordanti sul completamento della rivascolarizzazione, con pazienti meno complessi rispetto al mondo reale, nel caso in cui non si effettui una rivascolarizzazione completa rispetto alla lesione culprit vi è negli studi una mortalità maggiore (ultime linee guida ESC indicazione di classe IIA).

In corso di shock e STEMI va evitata la rivascolarizzazione completa del paziente (Classe III) che prima andrebbe stabilizzato clinicamente. Il Dottor Nazzaro ci ha parlato specularmente di Timing di rivascolarizzazione dell’NSTEMI, sottolineando che esso dipende molto dall’organizzazione del territorio.

La strategia invasiva con un timing immediato entro 2 ore è indicata se il paziente è clinicamente instabile con elevato Grace score, mentre nel paziente a rischio intermedio è indicata una strategia precoce entro 24 ore.

Circa il 10% di pazienti con NSTEMI necessita di CABG; a causa di un rischio emorragico maggiore l’angioplastica è da preferire nei pazienti fragili, mentre il CABG è da preferire se il Sintax score ha un valore superiore a 22, anche se il 75% dei pazienti multivasali con NSTEMI finisce a PTCA o terapia medica.

Nei pazienti con shock cardiogeno va eseguita una rivascolarizzazione precoce solo del vaso culprit e se necessario un supporto di circolo con device.

La dottoressa Valente ci ha parlato infine più approfonditamente dell’uso dei supporti meccanici cardiaci in corso di shock cardiogeno, introducendo il recente Statement dello ACC pubblicato nel 2021 su Circulation.

Nel lavoro di Circulation vengono identificate delle classi di shock cardiogeno dalla A alla E associate ad una percentuale di mortalità crescente; viene sottolineata la necessità di identificare il paziente ad alto rischio di shock, ossia quello con problemi respiratori, instabilità emodinamica o elettrica. La dottoressa Valente ci ha illustrato i profili emodinamici diversi dei supporti temporanei: il contropulsatore aortico (IABP), l’IMPELLA Tandem heart e l’ECMO. È importante avere un profilo emodinamico del paziente con EGA e valutare lo stato se pre-shock, shock o shock severo, per capire quale device usare, valutare anche l’esperienza del centro e degli operatori.

Nella seconda sessione si è affrontato l’argomento delle sindromi coronariche croniche.

Ha iniziato la sessione il dottor Ceravolo con il timing di rivascolarizzazione della malattia coronarica stabile. Ha ribadito l’importanza del tempo di rivascolarizzazione e della rete nelle sindromi coronariche con miglioramento dei risultati.

Sicuramente lo scenario è complicato da una crescente complessità del paziente con numerose comorbidità. L’ISCHEMIA trial recentemente ha affermato che non vi sono differenze significative tra la strategia conservativa verso quella interventistica; solo nel sottogruppo dei pazienti con ischemia moderata e scompenso cardiaco è stato evidenziato un beneficio della rivascolarizzazione con angioplastica, con un possibile recupero di funzione (per pz con EF 30-45%) ed un miglioramento della qualità di vita e la riduzione del numero di ospedalizzazioni.

In alcuni registri si è visto che il 70% dei pazienti con ischemia cronica viene perso di vista e non viene seguito in maniera efficace.

Il dottor Rubartelli ci ha parlato della valutazione funzionale delle lesioni coronariche con FFR e iFR. Ha iniziato parlando della fisiopatologia coronarica e del calcolo della FFR che prevede vasodilatazione con adenosina o papaverina, per via endovenosa o intra-coronarica. Le tecniche non iperemiche riguardano l’intero ciclo diastolico iFR.

I Trial FAME 1 e 2 hanno dimostrato che la FFR è vincente in termini di end point e outcome usando un FFR con cutt off dello FFR= 0.80 ed il trattamento con PCI di una lesione con FFR significativo è superiore alla terapia medica.

L’FFR è uno strumento sicuro, semplice e riproducibile per quantificare l’impatto funzionale delle stenosi coronariche, limita la soggettività ed ha un importante impatto prognostico.

Il dottor Formigli ci ha parlato poi della valutazione morfologica delle stenosi coronariche grazie a due tecniche principali: IVUS e OCT.

Le sonde coronarografiche dell’IVUS sono sonde ecografiche ad ultrasuoni che ci permettono una valutazione virtuale della parete, l’OCT è una tomografia a coerenza ottica che sfrutta caratteristiche fisiche delle onde luminose trasformando in immagini l’interazione tra tessuto ed onde in segnali che caratterizzano lo strato intimale.

Queste tecniche ci permettono di identificare le placche instabili con cappuccio fibroso sottile, un rimodellamento positivo, il carico lipidico della placca, l’area minima del lume inferiore, microcalcificazioni o ulcerazioni del cappuccio fibroso.

Il Prospect trial e il FORZA Trial dimostrano come la randomizzazione in base all’imaging PCI vs terapia medica possa ridurre gli endpoint (angina e ischemia ed eventi maggiori).

In conclusione, l’FFR sia con la coro TAC che in corso di coronarografia riduce i MACE e per tale motivo ha avuto indicazione di classe I A nelle linee guida; definendo la morfologia della placca vulnerabile, ci permette di valutare il rischio di PCI vs terapia medica ottimale nei pazienti stabili.

L’ultima relazione del dottor Rutigliano ha parlato di tecniche di rivascolarizzazione delle lesioni coronariche complesse, che negli ultimi anni hanno avuto uno sviluppo notevole in termini di materiali, tecniche e conoscenze degli operatori. Innanzitutto, la definizione di lesioni complesse varia molto negli studi. Esistono poi diverse tecniche per le lesioni complesse: T stenting, crushing, culotte, kissing stenting. Con l’aumento dell’età media inoltre sono aumentate le lesioni calcifiche e negli ultimi 10 anni sono stati sviluppati diversi cateteri specifici per il calcio delle placche: il cutting balloon, palloni che eseguono la litotrissia con onde d’urto (shockwave), cateteri con frese meccaniche Rotablator o aterectomia orbitazionale, e recentemente è stato introdotto il catetere con il laser.

La disostruzione di lesioni occlusive croniche (CTO) è un mondo complesso con procedure molto difficili e lunghe, condotte sia per via anterograda che retrograda. A volte sono necessarie procedure ibride ed in alcuni casi tecniche di dissezione e rientro della coronaria.

Nella discussione si è parlato di risultati a distanza delle disostruzioni croniche; il moderatore ha parlato della distanza che esiste nel mondo reale tra emodinamista pronto ad eseguire procedure complesse, ed il cardiologo clinico che teme le procedure più complesse.

È emersa la necessità di fronte a lesioni complesse e pazienti complessi di un TEAM decisionale che valuti sintomi, vitalità e funzione ventricolare sinistra con imaging e stabilisca un percorso di follow-up di un paziente molto delicato.

Giovanna Di Giuannuario ANMCO
Giovanna Di Giuannuario
immagine di copertina: wayhomestudio