NAO e angioplastica coronarica: un matrimonio possibile?

Matteo Baroni
Un panel di esperti per un tema di grande attualità in cardiologia interventistica

I nuovi anticoagulanti orali (NAO) sono farmaci la cui sicurezza ed efficacia è ormai ampiamente provata nella prevenzione dello stroke in pazienti con fibrillazione atriale. Rispetto al warfarin, essi presentano l’indubbio vantaggio del dosaggio fisso che non richiede prelievi di sorveglianza, e si sono dimostrati più tollerabili e sicuri in termini di rischio di sanguinamento. Di contro, data la loro recente commercializzazione, l’esperienza d’uso è ancora oggi piuttosto limitata, soprattutto se ci si allontana dal paziente “ideale” e senza comorbidità, classicamente incluso nei trial principali. Ad oggi, ad esempio, non esiste una solida base di letteratura che indichi con sicurezza come gestire la terapia con i NAO in un sottogruppo di pazienti tutt’altro che infrequenti nella pratica clinica: quelli sottoposti ad angioplastica coronarica. Il problema si pone ad ogni livello: in primis, ancor prima di iniziare la procedura, è possibile stimare il rischio di sanguinamento dell’accesso vascolare, in assenza del dato di INR? E se si è in condizioni elettive, quando andrebbero sospesi i NAO? Se poi ci si trova in regime di urgenza o emergenza, come scegliere il farmaco per la scoagulazione intraprocedurale? In caso di necessità, è possibile somministrare anche gli inibitori GP IIbIIIa? Dopo la procedura, si pone poi il problema della “triplice terapia”: la classica associazione fra aspirina, clopidogrel e warfarin rimane l’unica raccomandabile, o esistono esperienze sull’utilizzo dei NAO, magari insieme ai nuovi antiaggreganti? Anche la durata della triplice terapia rimane un problema: pur con tutte le accortezze, è infatti indubbio che questa si associ a un maggior rischio di sanguinamento e che quindi dovrebbe durare il minor tempo possibile. In questo contesto, è vero che i DES di nuova generazione permettono di superare il paradigma dei 6-12 mesi? E quale farmaco andrebbe sospeso per primo: la tienopiridina, l’anticoagulante o magari, in certi casi, addirittura l’aspirina? Infine, nella malaugurata ma non impossibile ipotesi di dover affrontare una complicanza emorragica, quali presidi abbiamo a disposizione? A queste ed altre domande cercherà di rispondere il panel di esperti nel simposio odierno, con l’obiettivo di chiarire le molte questioni aperte su questo tema di grande attualità.