SIMPOSIO ANMCO E IL NUOVO PANORAMA STRUTTURALE ORGANIZZATIVO E FUNZIONALE DELLA CARDIOLOGIA IN ITALIA

Giovanna di Giannuario

Il Centro Studi ANMCO sotto la direzione della Dott.ssa Donata Lucci ha eseguito il 7° Censimento nell’anno 2015 di tutte le strutture cardiologiche italiane. È stata valutata la distribuzione territoriale, lo stato normativo, l’assetto organizzativo e la evoluzione rispetto alle precedenti rilevazioni. Le strutture cardiologiche sono state catalogate in: ospedaliere, universitarie e private con posti letto accreditati. Catalogate in strutture: complessa (C), struttura semplice (S) dipartimentale, struttura semplice che fa riferimento a SC in altro ospedale, SS che fa riferimento a SC non cardiologica e SS autonoma. La raccolta dati, iniziata a marzo e finita ad ottobre del 2015, ha mostrato un’aderenza dei centri italiani del 99%. In Italia ci sono 1.355 enti di ricovero cardiologico del SSN, di cui 850 pubblici e 505 privati accreditati. Dal 2005 al 2015 sono aumentati i centri con emodinamica dal 32 al 40% ed i centri con PCI h24, inoltre sono incrementati anche i centri con ablazioni dal 24 al 35%. I centri con cardiochirurgia sono più frequentemente privati, 23% vs 12% pubblici, così come anche le chirurgie vascolari sono al 46% private, mentre le UTIC sono più presenti nel pubblico 65 vs 30% ed anche la medicina nucleare 27 vs 9 %. Sono più numerose le cardiochirurgie e le emodinamiche nel Nord che nel Sud Italia. Nell’analisi dei dati del 2015 rispetto al 2010 si è assistito ad una riduzione dei posti letto (- 2%) che ha riguardato per lo più il pubblico, invece nel privato sono aumentati i centri per la riabilitazione. Sono aumentati i posti letto per la pediatria (+26%) e per la riabilitazione.

Si è assistito invece ad una riduzione del personale medico sia nel pubblico che nel privato e ad un aumento del personale infermieristico nel pubblico. Il 77% delle cardiologie è inserito in un Dipartimento, il 97% in un solo Dipartimento (42 dipartimenti cardiologici e 55 con altre specialità). Il 76% delle cardiologie ha almeno un ambulatorio dedicato e il più frequente è lo scompenso 56%, poi controllo PM e ICD, aritmie, SCA, TAO e cardiopatie congenite.

Il Dott. Gregorio ci ha parlato in maniera provocatoria ma anche molto attraente e sagace del futuro della cardiologia italiana. Partendo dal Decreto 70 che aveva identificato l’ospedale per intensità di cura si propone un modello per specificità di cura. Oggi purtroppo a causa della crisi economica le strutture più piccole vengono chiuse e le più grandi subiscono delle riduzioni. La maggior parte degli ospedali hanno strutture vecchie, non antisismiche e con basso profilo alberghiero, spesso sono ospedali chiusi, lontani dal territorio con marginalizzazione dei professionisti e dei pazienti e performance modeste. Esistono inoltre enormi disuguaglianze tra ospedali del Nord e del Sud. L’ospedale che l’ANMCO si augura debba venire è un ospedale che ha bacini di utenza ottimali, che sviluppi una rete, aperto e connesso in rete con il territorio, architettura amichevole con un profilo alberghiero alto. Ovviamente dotato di attrezzature e tecnologie avanzate e con una gestione moderna, in cui siano centrali i professionisti, i pazienti e le specialità. Aperto inoltre alla didattica, alla formazione e alla ricerca che sono elementi fondamentali per essere efficienti. La cardiologia vede secondo i modelli governativi un’ulteriore riduzione dei posti letto e la scomparsa delle riabilitazioni che invece secondo l’ANMCO dovrebbero aumentare.

Inoltre il Decreto 70 parla solo di rete emergenze/urgenze nell’infarto e non si preoccupa della rete dello scompenso, delle aritmie, della prevenzione e della cronicità che necessita di un legame forte dell’ospedale con il territorio ed è quella più utile visto l’invecchiamento della popolazione. La cardiologia è attualmente incatenata dalla marginalizzazione della clinica ed esaltazione della alta specialità e del prestazionismo.  Abbiamo assistito alla frammentazione e al riassorbimento delle competenze cardiologiche in altri reparti, con perdita dell’unità funzionale e della continuità di cura. Siamo chiamati a spezzare queste catene e riportare la centralità del paziente cardiologico e del professionista, la centralità ed unitarietà dell’intervento cardiologico.  Passare all’ERA dell’etica, portando al centro il paziente e la qualità della cura. Il professionista del futuro deve conoscere la scienza e la tecnologia ma avere più umanità e senso del management sanitario.

L’ANMCO si augura un SSN del futuro più agile, sburocratizzato, vicino ai professionisti e ai cittadini, al territorio, scelte legate ai bisogni sanitari, manager preparati e politicamente indipendenti con una governance forte proiettata al futuro, un passaggio da un sistema verticale ad uno orizzontale aperto al territorio che privilegi competenza e cultura. Il Dott. Colivicchi ha introdotto poi l’argomento dei crediti ECM, che ha visto negli ultimi anni un boom di corsi sul web. La maggior parte dei medici, circa 6.000 (secondo AGENAS e COGEAS), non raggiunge il numero di ECM indicato dalla normativa. Sono stati sviluppati dal ministero e da AGENAS dei sistemi di controllo sui corsi ma le regioni non vogliono. Il Ministro della Sanità ha proposto l’ipotesi di una sanzione per chi non raggiunge il numero previsto di ECM. Esistono importanti verifiche di qualità della fruizione dei corsi con una commissione centrale che può anche sospendere il corso se ritenuto non adeguato. Esistono molti problemi aperti sulla tipologia del corso, la qualità dell’evento, il ruolo dello sponsor e delle regioni.

La prospettiva futura potrebbe essere quella di un dossier formativo individuale, con indicatori per testare la formazione del medico e sanzioni in termini di carriera per gli ospedalieri. Per ridurre l’assenza del personale potrebbe essere utile il modello di formazione “on the Job” con riunioni di reparto. Il Dott. Amico ha approfondito e chiarito l’argomento delle reti cardiologiche. Esistono da anni, dopo il Vienna STEMI Registry, le reti per l’infarto hanno migliorato la sopravvivenza dei malati ed il loro outcome. Le reti sono organizzate secondo il famoso sistema Hub and Spoke che propone per migliorare la performance di abbreviare sempre più i tempi di rivascolarizzazione. Ma ormai si è passati da un modello a raggiera Hub e Spoke alla telemedicina, in cui in alcune regioni come l’Emilia Romagna il 118 trasferisce il malato all’Hub senza passare per il PS dello spoke, riducendo enormemente il tempo di arrivo. Spesso i pazienti poi vengono trasferiti dopo la rivascolarizzazione dallo Hub allo Spoke, soprattutto dopo la recente riduzione dei posti letto (DM 70). Ci troviamo di fronte ad esigenze cliniche nuove che necessitano di nuove Linee Guida. Come diceva il Dott. Visioli in un articolo del 2006 il modello Hub-Spoke è un point to point, un modello a maglia in cui il paziente può scivolare nella rete a seconda del bisogno clinico. Una delle nuove esigenze emergenti in realtà è lo scompenso cardiaco per il quale sarebbero necessari 5.000 posti letto. Le regioni sono obbligate a rivedere i modelli e formare un’assistenza a rete per garantire equità ed omogeneità di accesso e di fruizione di cura.