Simposio – La corretta codifica delle schede di dimissione ospedaliere. A che punto siamo?

di Josephine Staine
La SDO grazie alla ricchezza di informazioni contenute è un irrinunciabile strumento.

Nella Sala del Parco il pomeriggio della prima giornata di congresso inizia con una sessione egregiamente moderata dalla Dr.ssa Davoli e Dr.ssa Piccioni sulla corretta codifica delle schede di dimissione ospedaliere i colleghi relatori hanno dato esempio di grandi capacità di sintesi per un argomento così tecnico riuscendo a coinvolgere l’auditorio.

Accanto al ruolo clinico, il medico ospedaliero si troverà prima o poi a dover fare i conti con la scheda di dimissione o SDO uno strumento informativo per la raccolta dei dati relativi al singolo paziente dimesso che costituisce la sintesi delle informazioni contenute nella cartella clinica. La SDO si compone fondamentalmente di due sezioni: la prima, sezione anagrafica, che da informazioni del soggetto ricoverato, la seconda, sezione sanitaria, contiene informazioni legate allo stato di salute del soggetto ricoverato.

La SDO fornisce delle informazioni cliniche e procedurali: descrive e analizza la casistica ospedaliera, valuta l’appropriatezza ed è uno strumento per processi di remunerazione delle prestazioni di assistenza ospedaliera un importo onnicomprensivo della compensazione di tutti i costi sostenuti nella erogazione dei servizi.

Non solo, ma dalle SDO si estrapolano informazioni utili per studi di carattere clinico-epidemiologico, per il monitoraggio dell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza, per la valutazione del rischio clinico ospedaliero, per valutare la qualità dell’assistenza erogata.

La diagnosi viene espressa in codice ICD9-CM: quest’ultimo è un sistema internazionale di classificazione delle malattie, dei traumatismi, degli interventi chirurgici e delle procedure diagnostiche e terapeutiche.

Il codice ICD9-CM è concepito per associare correttamente i codici ai DRG, ma non ha attualmente regole per “pesare” le singole procedure e il limite che ne deriva sono rimborsi insufficienti che rischiano di disincentivare l’esecuzione di procedure efficaci per il trattamento di patologie cardiache  limitando il numero di pazienti che afferiscono alle cure.

Un altro programma che fornisce valutazioni comparative di efficacia, equità, sicurezza e appropriatezza delle cure prodotte nell’ambito dell’assistenza ospedaliera è il PNE (Programma Nazionale Esiti) sviluppato da AGENAS, il PNE permette di valutare l’efficacia degli interventi ed è finalizzato al miglioramento della qualità clinico-assistenziale. È infatti uno strumento operativo a disposizione delle regioni, delle aziende e degli operatori per il miglioramento delle performance e per l’analisi dei punti critici, attraverso le attività di audit, fornisce indicazioni utili, sulla qualità dell’assistenza territoriale.

È importante la corretta codifica delle SDO in ambito cardiologico per tutte le procedure anche più recenti e non codificate nel ICD9-CM.

Si hanno alcune proposte per ovviare ad alcuni limiti del programma come, ad esempio, il vademecum della Regione Veneto che ha stilato un modello (non sostitutivo delle linee guida) per rendere più uniforme ed omogeneo il processo di codifica di diagnosi e procedure in ambito cardiovascolare, con elenco aggiornato delle patologie cardiovascolari più frequenti, e schemi di codifica diagnosi.

Il sistema di classificazione così come concepito, ha comunque delle criticità per problemi di omogeneità della compilazione, problemi di completezza ed accuratezza per alcune variabili i limiti sono correlabili anche al numero crescente delle procedure interventistiche in ambito cardiovascolare, servirà di certo una revisione e potenziamento dello stesso.

Josephine Staine