Stratificazione del rischio di morte improvvisa

Sonia Lo Iacono

La stratificazione del rischio della morte improvvisa riguarda popolazioni molto diverse tra di loro accomunate fra loro dalla stessa manifestazione clinica. I pazienti GUCH (cardiopatici congeniti adulti) muoiono frequentemente di morte aritmica pertanto è assolutamente necessario individuare quelli a più alto rischio considerando la cardiopatia di base, il tipo di intervento chirurgico cui sono stati sottoposti e quando è stato eseguito perché tanto più tardivo è l’intervento maggiore è il rischio di aritmie. Gli interventi di ventricolotomia o la presenza di patch sul tratto di efflusso del ventricolo destro sono le condizioni più aritmogene, ma vanno considerati anche dati elettrocardiografici di base come la durata del QRS. Il SEF va effettuato nei pazienti con aritmie spontanee o sincope che non sono giustificate dagli esiti della diagnostica non invasiva. La stratificazione del rischio aritmico della cardiomiopatia dilatativa non è semplice ed è noto che di fatto la incidenza di morte improvvisa sia minore di quella associata alla cardiopatia ischemica. Attualmente il parametro che viene considerato è la frazione di eiezione del ventricolo sinistro, tuttavia questo parametro non è di fatto un buon predittore di eventi perché si può avere morte improvvisa anche in pazienti con una FE da normale a moderatamente ridotta. Questa consapevolezza ha portato ad un utilizzo esteso della RMN cardiaca per la ricerca della fibrosi miocardica, dato correlato in maniera più sensibile e specifica con il rischio di morte improvvisa della FE ventricolare sinistra. Il rischio di morte improvvisa dopo l’infarto si modifica nel tempo: è alto nei primi due mesi, scende dopo sei mesi e si stabilizza dopo 12 mesi. Tale rischio è peraltro in netta riduzione grazie al miglioramento della terapia farmacologica e delle tecnica di rivascolarizzazione ed un ulteriore miglioramento si può ottenere con una più corretta valutazione della ischemia residua che è causa frequente della instabilità elettrica che può condurre all’evento. Anche in questo setting di pazienti la sola valutazione della FE ventricolare sinistra è insufficiente ed è necessaria una valutazione multiparametrica che tenga in considerazione la presenza di fibrosi miocardica alla RMN e l’inducibilità di TV allo studio elettrofisiologico ad almeno 6 settimane dall’evento acuto. Nel caso delle canalopatie come sindrome del QT lungo, la sindrome del QT corto e la sindrome di Brugada fondamentale è la valutazione dell’ECG, della storia clinica e dell’anamnesi familiare.