Un po’ di luce sulle zone d’ombra dell’aritmologia

Christos Katsanos

I processi evolutivi in caso dell’aritmologia sono continui sia dal punto di vista farmacologico, tecnologico che procedurale. Come in ogni evoluzione ci sono delle zone di luce e zone meno chiare dove c’è bisogno di un continuo lavoro per poter trarre tutti i benefici sperati. L’ associazione di farmaci antiaritmici è un argomento di tutti i giorni nella nostra pratica clinica. La prima raccomandazione è di evitare l’uso improprio di farmaci che come hanno dimostrato numerosi studi possono essere deleteri e l’associazione tra di loro deve essere fatta con lo scopo di ridurre al massimo il loro dosaggio, aumentare la loro efficacia e loro tollerabilità. Esempi frequenti sono l’associazione di beta-bloccante e amiodarone per ridurre gli shock da ICD o trattare lo storm aritmico, il controllo della frequenza cardiaca nella fibrillazione atriale con l’associazione beta-bloccanti e calcioantagonisti, ma ancora anche la possibilità di associare la flecainide e il metoprololo o l’amiodarione e la ranolazina (che ha effetti sui canali del sodio) o un beta-bloccante per il mantenimento del ritmo sinusale per il paziente con la fibrillazione atriale. Altro punto da chiarire sono gli outcome della procedura di ablazione della fibrillazione atriale, aritmia che può far parte di scenari estremamente variabili. Questi possono essere divisi tra indicatori modificabili come l’obesità, l’ipertensione arteriosa, il trattamento delle apnee notturne, indicatori non modificabili come l’età, la famigliarità ed il sesso femminile ed una zona di sovrapposizione di condizioni intermedie come la durata della fibrillazione atriale, la cardiopatia ischemica, il volume atriale (> 45 mm in AP) la presenza di fibrosi atriale ed il diabete. Da non sottovalutare i risultati che sono legati al tipo di procedura (crioablazione o radiofrequenza) che non sono indipendenti dall’esperienza degli operatori. La fibrillazione persistente può trovare indicazioni per un trattamento ablativo nel peggioramento dello scompenso o nel deterioramento della funzione sistolica. L’extrasistolia ventricolare è un’altra condizione che potrebbe beneficiare del trattamento ablativo specialmente quando è fortemente sintomatica o se associata a tachicardiomiopatia o quando degenerata in aritmia maligna (FV). Trattamento che diventa di prima scelta quando origina dal tratto d’efflusso del ventricolo destro (80-95% di successo). Sia per l’extrasistolia ma ancora di più di fronte ad una tachicardia ventricolare sostenuta diventa imperativo cercare di comprendere i meccanismi e la patologia sottostante che spesso determinano prognosi e mortalità nonostante i trattamenti farmacologici e le procedure di ablazione. Infine punto di notevole interesse e discussione sono i predittori di insuccesso della resincronizzazione miocardica dove elementi fondamentali sono l’inappropriata selezione dei pazienti (scelta da ponderare oltre la semplice frazione d’eiezione e classe NYHA), un impianto inadeguato (cercare sempre il sito di stimolazione nel punto di maggior ritardo), una programmazione non corretta (bisogna sfruttare tutti le possibilità e algoritmi dei dispositivi) e la mancata collaborazione tra aritmologo e cardiologo clinico nel follow up del paziente.